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«Ho da dire che questo sonetto mi è venuto spontaneo per esprimere il mio affetto paterno. Esso sta anche a rappresentare un forte senso di ribellione. È contro l'aborto ed incita ad amare e rispettare i nostri figli, perché sangue del nostro sangue.» |
Inserita il 18/09/2016 |
Comu la chianta ca prutuci frutti
s'li teni cu li faci maturari,
ccussì l'essiri umanu cresci tutti
li figghj cu ssi faci rispittari.
Li figghj, ci so' bbeddi o ci so' brutti,
tatà e mammai s'li tennu cari cari,
cá loru mai si sentunu tishtrutti,
puru ci a vvoti sontu spini amari.
Li figghj so' lu fruttu ti la vita
e vennu cu 'n'umanu attu t'amori,
ma no' quann'è vacanti la simenti.
La rècula nu' no' l'hamù capita:
"No' hamà 'ccitiri, prima cu èssi fori,
'nu figghiu nueshtru tisumanamenti.
Hamà tiniri a menti:
li figghj nueshtri nu' l'hamà ffa' nàsciri;
l'hamù vuluti nu' e nu' l'hama pàsciri".
Traduzione
I figli nostri
Come la pianta che produce frutti
se li tiene per farli maturare,
così l'essere umano cresce tutti
i figli per farsi rispettare.
I figli, se son belli o se son brutti,
papà e mamma se li tengono cari cari,
ché loro mai si sentono distrutti,
pure se a volte sono spine amare.
I figli son il frutto della vita
e vengono con un umano atto d'amore,
ma non quand'è vuoto il seme.
La regola noi non l'abbiam capita:
"Non dobbiam uccidere, prima che esca fuori,
un figlio nostro disumanamente.
Dobbiam tenere in mente:
i figli nostri noi dobbiam far nascerli;
li abbiam voluti noi e noi dobbiam pascerli". |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
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«Sonetto caudato in vernacolo sanvitese (alto salentino) con relativa traduzione. Schema: ABAB/ABAB, CDE/CDE, eFF.» |
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