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Eroi perduti che sorgono a frotte
addìtano le nubi tempestate.
Oh voi Valchirie... oh voi Sorelle, udite!
Sàlgono i lor lamenti e si dispèrdono,
e il loro sangue, e loro bave, e il Fato
lentamente ora vanno nell’oblìo,
di Dönner disperando essi, singulti
perenni di Destino e di tramonto,
d’in sul trïònfo dell’invitte liti
che morìr li ha veduti presso il brando
insanguinato e folle, sovrumana
ira che miete dovunque la Morte,
ineffàbili crani primigeni.
Così è giunta per lor l’eterna Notte,
Anime inquiete nel Nulla scagliate,
e vanno... e vanno, perplesse e smarrite
dove gli omaggi al re Wòtan si rèndono,
tra le nebbie di un vèspero adirato.
E noi Valchirie, ombre di questo Dio,
i lor temprati ardori e i loro inulti
sospiri estremi e l’infinito affronto
flebilmente accogliamo, Anime miti;
e questo sonno rendiàm loro blando,
noi, posse occulte di Erda la Dea arcana,
bionde compagne delle Norne, Sorte
che aleggia co’ gli usberghi in sopra i seni.
Figlie del Caos, sorelle di Froh, brume
di Ygdrasìl, quercia immonda del Destino,
a prèndere corriamo questi spettri,
noi cavalcando i temporali oscuri,
oltre le vette dei monti del Reno,
lungo l’ombra dell’arpa degli Scaldi,
oltre i càntici bei di Lorelei,
Ninfa che geme sui mesti relitti,
ululando noi altère come i lupi
nell’inverno perenne della fame,
palafreno funesto e oscuro e tetro.
Eroi, oh Eroi, non temete! Sarà un lume
a risplèndere al vostro teschio, inchino
tempestoso e funereo dianzi ai scettri
degli impetuosi Dei, e dei più puri
dolci anelli di Freya, gemme al seno
dal peplo ricoperto - oh i veli baldi! -
intinti di amaranto, gioia dei lai
nella pugna versati. Oh voi sconfitti!
Qui con noi regnerete sui dirupi
che al crepùscolo son fulvi di rame
di intatto sangue, e in su’ i cieli di vetro.
Ma la tragedia non tarda a noi, ombrose
Valchirie del più freddo Nord dei fiordi
selvaggi e nivei, donde noi soffriamo
quando le eròïche e ansimate prede
un giorno trapassate ci sospìrano
melliflui sentimenti d’un arcano
or mai assopito, e femminile e vago,
un senso mite di irrequieto Amore,
che mai sarà corrisposto. E ei è il volère
della Natura primigenia e cupa
che con il ferro e co’ il rame ci ha ordito.
Saremo sempre posse burrascose,
di elmi coperti i volti che son sordi
nella menzogna a quello che sentiamo,
e col guerresco corpo, e il ferreo piede,
co’ gli occhi attòniti e fermi che stìllano
tàcito pianto, fatàl, sovrumano,
làgrime inquiete, làgrime di un lago
che spazia e inonda funestando il cuore, e
‘ve sempiterno vi è il nostro dolère.
E porteremo con noi questa cura,
la porteremo lungo l’Infinito.
Fortunata Brunnìlde in suo riposo,
almèn nel sonno troverà il suo sposo.
Wòtan un dì si girò, e la baciò,
tra le fiamme di Lòg (h) e, il Dio più saggio.
Wòtan un dì si volse, e la baciò,
la cullava nel sonno e nel miraggio;
e danzava d’intorno il fuoco eterno,
ridèvano le scialbe sue lenzuola,
in un letto di bara eterna e viva,
in un letto di Morte e di sopore.
Wòtan un dì si girò, e la baciò,
dàndole - ché era figlia - ùltimo addio.
Wòtan un dì si volse, e la baciò,
perché Ei voleva èssere sempre un Dio.
Così riposa la nostra Regina,
dalle fiammelle circondata, e stesa
d’in su’ un monte segreto che soltanto
Mìme conosce e il suo prode figliastro,
Mìme silenzia a un figlio di Valchiria.
Wòtan un dì si girò, e la baciò,
sulla fronte tremante e che non regge.
Wòtan un dì si volse, e la baciò,
ella osò andare contro la sua Legge.
E ora lì addormentata attende invano
che la lancia dei sacri Patti muoia,
e che le fiamme retrocèdan svelte
al corno di un Eroe anònimo e oscuro,
al corno della Vita e della Sorte.
Wòtan un dì si girò, e la baciò,
dicendo che un baciàr la sveglierà.
Wòtan un dì si volse, e la baciò,
e dov’ella ne sia nessùn lo sa.
Erda e le Norne vòglion che costei
sia l’ùnica Valchiria che ami, e tanto...
costei che aspetta il risveglio di un labbro,
il risveglio di un bacio. | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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«Preciso che la prima parte è una rilettura in chiave introspettiva e - più che altro - sentimentale dell'Epica che ha per soggetto le Valchirie, e che nulla ho citato (volontariamente) dell'Edda, della Mitologia norrena, dell'Anello dei Nibelunghi, se non i nomi. La presente Poesia non rappresenta Valchirie eroiche ed epiche, ma Valchirie- donne, soggette a un Volere tragico, a un Destino. La seconda parte, invece, è una Ballata (fatta pronunciare dalle Valchirie), in cui tra rammarico, tristezza, gelosia e compiacimento le protagoniste ricordano come solo Brunnilde è destinata ad amare.» |
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