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Fu una giornata di marzo in febbrajo,
con il suo vento, or freddo ma gentile,
e con le prime viole a sbocciàr, l'ajo
dei Sogni miei, e con un Sole d'aprile.
Ma almèn ci fu un inverno? All'arcolajo
Prosèrpina qui intesse un fior sottile,
la prima margherìta. E su' un fienile
va col primo suo gregge il suo bestiajo.
Fu una giornata di marzo in febbrajo!
E così non vi fu l'inverno. Muore
l'ùltimo e il primo ghiaccio. Ed è il Tramonto
della sognata campagna di neve.
Ma ora chi geme?
Sento: cantàr l'usignuoletto solo,
e il pàssero che torna dalla sua Africa,
e l'allòdola urlàr al vespro insano.
Canta il suo ramo?
E questo inverno come può da me
èsser compianto, ché tanto l'odiai io?
E perché ei mi sussulta? E il cuore? Dìtemi!
Ma ora chi geme? Chi canta da un ramo?
Vedo il Sole cadèr, di là, oltre i monti,
e il cielo farsi oscuro, e questa Notte
che preludia alla nuova Primavera
forse non vièn a ridarmi la Vita,
ma a uccìdermi i nebbiosi sogni, e i miei
ricordi in quello che è un Destino eterno,
ove è sempre lontana l'alba mia,
e più lontano Iddio.
Apri gli occhi, oh Pöéta, e cogli l'àttimo
di questo Cielo, e divenìr perenne:
non piàngere l'inverno. Forse sei
ancora giòvane, e la Primavera
nuovi Sogni ti serba, e nuova Vita.
No! Giammai! Non tèmer! Ma confida
nel fiorellìn di questo tuo Dio! |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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