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In nome del tuo dio, io misera ti scongiuro
di lavar via dalla tua bocca ogni spergiuro,
nel nome del tuo stesso grande ideale
chiedo solo armi pari e uno scontro leale.
In nome del dio che ti calchi sulla testa
il tuo elmo a cappello, un buco con la cresta
che penzola funesta a memoria dei caduti
ma tu non te ne curi, finché i guai stan seduti.
E mieti gambi nei campi dorati, gambe corte
hai e lingua ispida a gareggiar contro la sorte
ché la storia si ripete, è un circolo vizioso
stanza piena d'aria viziata, ritornello ozioso.
Già vi furon le crociate ad inculcare nelle menti
delle genti ottusità artificiale e risentimenti,
ora nel nome del tuo dio, dai mille appellativi
ti prego di gettar via il rancore e darmi validi motivi.
La storia è una maestra che col gesso alla lavagna
gioca all'impiccato con chi di rivolta si bagna,
poiché gli scolari non le danno mai retta
lei per ripicca ritorce il danno con la bacchetta,
ma l'uomo è stupido e la guerra la sa solo istigare
mai il suo prezzo comprende né insegnamento ne trae.
Non parlar con l'artiglieria, non pensar con il pugnale,
l'ostia non la carne, il vino non il sangue il tuo dio vuole
e se egli è per te solo una blanda scusa, una scorciatoia
le forbici che ti taglian la fatica, presto diverranno il tuo boia. | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
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«Scritto dedicato in generale alle scelleratezze che si fanno in nome del proprio dio e delle suppliche che io faccio invece in nome della Storia. Nel particolare mi riferisco a ciò che sta accadendo adesso, la sanguinolenta carneficina dell'isis. Non l'ho scritto per offendere i credenti, so benissimo che ci sono casi e casi. Non infervoratevi.» |
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