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L’orba Notte si sibila,
e i tetri nugoli
tra le brume ne sono, e ‘l vento folle
la steppa in bacio stringe,
e l’erbe fresche,
e infuriando co’ spasimi
mestamente si vola al bosco e al colle,
e fosco e tremulo,
e in ciel ne pinge
di soffi e d’ansi tremiti
un scialbo brivido,
la Luna sovrumana
che qui s’annera,
in un naufrago istante or d’empio verno -
la follia d’un ischerno -
e in tra le nevi pallide
e i ghiacci roridi
la spene ne fia vana,
alba di cera
che più non sorge, e fiera
or lontan ne rivolge un fior del Sole,
l’assiderate viole.
Alfin ne muore ‘l cantico
del veglio Tataro,
la romanza tramonta, e ‘l polovèse
straziato murmure
della danza si tace; e ‘l freddo mese
ne ricopre di candide
brine terribili
i licheni d’un orno,
e questa terra...
e un candido ruscello si riposa
coll’acqua graziösa,
eternamente tenebra,
perenne strepito
d’un dolce e assente giorno,
che altrove n’erra.
Così gelando e in gemiti
scorgo le tenebre,
Mostri perenni di Spiriti antichi:
i muschi ambrati,
i laghi della Morte,
l’argento della Luna
che flebile si posa a’ monti aprìchi,
i spogli tigli, e i platani,
e i faggi e i frassini,
i rami sconsolati
dall’aspra Sorte,
la misteriosa cuna;
e all’orizzonte cerulo -
serale loculo -
pasco l’Indefinito,
l’alma del Fato,
e spasmando i’ ne piango, e grido e gemo,
e delirando fremo,
mesto... nell’inquietudine,
Vita di cenere,
e al stel dell’Infinito
mi sono addormentato.
M’abbian pur queste tenebre!
I’ le disfido!...
Ma mi gela la mano,
non scrivo più,
e grido... e grido...
a quel sogno che fu! |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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