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Se quella terra pianse o provò dolore, io non so dire.
Cadde, così com’è un giusto cadere,
ma inaspettatamente, all’improvviso,
così, come non ci si attenderebbe,
senza sapere il dove e il quando.
Fu un accidente, un caso,
una combinazione d’eventi concatenati,
un atto predeterminato,
fortuite triangolazioni inutili da decifrare,
un appuntamento non segnato sul suo taccuino,
comunque, fu...
Fu...
perché se accantoniamo le inutili domande,
il senso logico del tutto
che per questa volta almeno,
assai meglio è porre di lato,
doveva essere così,
pertanto fu...
La terra,
scossa dalla vibrazione del precipitare in verticale
non emise alcun lamento.
Il vento tutt’attorno continuò a soffiare,
le foglie dei platani del viale a mormorare,
i passeri a volare verso le oscure mete del destino.
La vita tutt’attorno procedette nel suo monotono fluire.
Il tempo trascorso non era valso a niente?
I libri letti, le riflessioni in parte fatte,
in buona parte rimandate a data da destinare.
Tutto quel sentito dire, l’almanaccare,
le scorciatoie intraprese a rivelarsi labirintici fastidi da
ripercorrere quando sarebbe giunto il tempo,
che inequivocabilmente adesso è lì,
perché gli sta già accanto.
Ne può sentir l’odore,
l’intrinseca sua volontà,
la mano ferma e decisa.
Eppure non v’è traccia dei paventati artigli,
né la percezione di oltraggi sanguinanti che
svuotano ogni senso di conservazione.
E delle antiche invocazioni non v’é più forma,
tanto risposta.
La terra,
scossa dalla vibrazione del precipitare in verticale
non emise alcun lamento.
Il vento tutt’attorno continuò a soffiare,
le foglie dei platani del viale a mormorare,
i passeri a volare verso le oscure mete del destino.
La vita tutt’attorno procedette nel suo monotono fluire. |
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