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Oh voi gli Dei
che gli elementi ordite,
udite i miei
versi, d’ardite
forme si veston ansi
e della vite,
e degli espansi
strali de’i tòni urlanti -
su questi mansi -
e i mesti canti
sentite a questa riva
di ghiacci infanti!
Di nebbia estiva
va d’in sul ciel la pioggia,
brina corriva.
Essa alla roggia
soffrente e fredda cade
e a un fior s’appoggia,
e in sulle biade
del pargolin frumento,
e in sulle rade,
e al pavimento
di quest’erbosi boschi,
e al sentimento
de’i nembi foschi,
ai pruni aprìchi e ai meli,
ai rosei toschi
e ai bianchi veli
dell’oleändro in pianto
che olezza ai cieli.
Come un affranto
occhio d’oscen dolore,
e come un canto
d’ansioso Amore,
come una lira antica
che acida muore,
terge la spica
l’acqua che scende e l’erba
che duolsi aprìca,
e pria che immerga
i campi arati e i sassi
ove s’innerba
la goccia ai passi
di queste rive oscure -
rapite a’ lassi -
sulle radure
l’Ebe ne versa e ai salci;
son onde oscure
come le falci
che colan triste ‘l ferro -
corna dell’alci.
E dov’io n’erro
s’infuria ‘l vento negro -
qual vêl d’un verro -
come un allegro
mesto baciar al viso
gemente ed egro,
e in sopra ‘l riso,
e lungo ‘l duro suolo,
orrido e inviso,
va pel suo volo
un fior di pio ciliegio
che ondeggia solo:
non ha più pregio,
non scorge più la speme,
e al giardin regio
ne scorda ‘l seme,
e fugge allor lontano,
e danza insieme
al cielo vano,
il qual pur me spaventa
e cui fia insano
della tormenta
l’urlo tremendo, e in doglie
di questa spenta
stella di foglie,
‘ve s’ode ‘l tòn crudele
che poscia ‘l coglie.
Ambra di miele
la folgore sen brilla
e come fiele
la nube lilla
all’eco i tòn ripete
fresca scintilla,
e intende sete
d’un’arsa e inquieta vena -
d’un lampo mete -
e s’avvelena
di grandine sdegnata
da un’egra pena,
dalla bramata
terra che fa ghermita...
che fa baciata;
e la mia Vita
nella tempesta esulta
come un’ardita
baldanza inulta,
come ‘l Sol del Giappone
a’ Dei singulta,
come canzone
d’un Samurai che fu
prode in tenzone
come se’ tu,
pioggia fatal d’Amore
di questo haiku...
E in questo core
che la Natura adora
or n’ha dolore,
e a te tuttora,
oh nuvola ne prego
muta e sì mora.
Ma non mi piego
al Fato torvo e bruto
donde ‘l tuo niego.
Sogno perduto,
rose, mughetti e viole
sotto ‘l mio liuto
tersi dal Sole
che urlerà ininterrotto
‘ve ‘l cor mi duole,
e ai peschi un motto
d’un guerrier griderò
al nembo rotto:
«E pugnerò!». |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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