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Nel verno ‘l ciel mi par funereo drappo -
In questa Notte un occhio di mestizia -
E vin amaro in un piangente nappo,
e l’aura vizia,
e l’orba Luna i bronzi intona a Morte,
e nello spasimo e nel gelo impuro
le dense nubi si dormono e assorte
nel Nulla oscuro;
e l’orizzonte è una cadente viola -
lo stame inerme e ‘l petalo appassito -
e in una bara forse si consòla,
nell’Infinito,
e i tigli e gli orni che gelido sfiora
son negri e spogli - misera laguna -
di smorte bacche - e profumano ancora
di fioca Luna...
e d’aure fischiano e di neve in doglie,
e impazza ‘l vento, e ‘l tramonto sen muore,
e un nembo fiocco di ghiaccio raccoglie,
e son nov’ore.
Dianzi non ho che un mare nefasto
ed empio ossame di nuvoli uccisi,
e ‘l regno angusto di Morte par vasto,
pallidi visi;
e in cielo i loculi e i sepolcri in pietra
nevican ossi di stelle lontane,
li benedice un prete fatto d’etra,
preghiere arcane...
ed io che attonito agli astri mi volgo,
veggo le nebbie - preludio di neve -
e l’aër bieco m’incanta, e ne colgo
l’errar suo greve,
e i ciel dipingono ancor ciclamini
drappi di lutto che copron la Luna,
e n’odo un soffio d’ignoti violini,
la Notte è bruna.
I nivei figli de’i corpi celesti
piovono allora le lagrime ansiose,
e i loro fiocchi si cadon molesti,
tormente uggiose,
e se una stella risplende in tra’i foschi
manti notturni, è funerea candela
che in su’ una tomba piagne e sopra i boschi,
cerula tela;
ed ogni solco di tal mezzanotte
su’i fiocchi strisciasi or di nivea ragna,
e corre fiera alle fonti e alle grotte,
geme e si lagna...
ed io sto al foco d’un’arida brace,
in questa steppa mi sento perduto,
e più non ho né riposo, né pace,
in mano un liuto;
e questo ciel un sepolcro è davvero,
e d’inquietudine è fors’anche un perno,
e l’orizzonte si tinge di nero,
perenne è ‘l verno. |
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