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«Ho detto tutto in questa poesia. Cosa posso aggiungere? È la mia vita che sventuratamente la Sorte mi ha assegnato. Dovrò portarla a termine con tutte le mie forze. È un dovere di noi umani, al fin che possiam essere degni di noi stessi.» |
Inserita il 07/05/2014 |
Nacqui
sott'un'avversa stella.
L'alba
si presentò pungente,
essendo giorni ancor di fine guerra.
Mattino che sapeva di miseria,
poich'eran tempi duri,
volse con stenti verso giovinezza
che si mostrò, anch'essa,
spietatamente amara e deleteria.
Non ebbi ciò che volli
in quell'età che, forse,
a tutti gli altri rise.
Passò così straziante e deludente
che nel mio cuor un forte duolo incise.
E giunsi a mezzogiorno
con tanta voglia d'essere contento,
ma invano m'adoprai
in ogni campo che m'appassionava,
ch'alcunché colsi mai.
Eppure ho fatto quanto più ho potuto,
sott'un gelido cielo
che non accondiscese al mio volere.
Ma non mi sono arreso,
perché combatterò finché c'è vita.
Or sono giunto a sera
e la speranza ferve dentro me.
E mi domando se
la rimanenza sia ancora nera
o altro colore avrà.
Non t'aspettare di veder l'azzurro,
ché solo nembi e cumuli di pioggia
avrai finché tu vivi
né ci sarà chi ti darà riparo,
essendo questa la tua sorte infame!
Chi sventurato nasce, tale muore
e, forse, solo Tu,
o Notte, puoi far sì che il male cessi
e che l'eterna pace
avvolga l'alma, stanca di soffrire! |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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