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Ruggero di Azar Rudif(14 poesie)
Il Pirata di Dio |
Dies Veneris XVIII Maius MCCXCI
Cadeva l'ultimo baluardo dei Crociati e le cosidette Terre d'Oltremare erano perse. |
| Appen di poco dietro l'orizzonte
ove sorge principio di ognidì
come lucente scudo
speravo fosse altro mondo
che di miglior tempra
e dei colori del sole
superasse e abbagliasse l'occidente,
ma giunse tempo di veder l'outremer.
Come poter vivere di guerre
e di morte in terre sante?
Dover riporre fede in un Dio
dimentico della sua terra eletta?
Cercare il suo rifugio dopo tal fuga
da un mondo che non era il suo?
Meglio andar ramingo di porto in porto
sotto bandiera di tormentato Ordine
pensavo, mentre celato da scuro mantello,
scortato usciva dalla folla fuggente
all'araba ira, verso l'ala del Falcone
in attesa ai legacci del porto
dei fuggitivi da miscredente morte.
Si poteva partire, ora, lasciando
alle urla di terrore ed alla morte
cristiani, religiosi e armati.
Era l'ultima partenza,
alle spalle colonne fumanti e fiamme,
campane dal sordo suono tra poco silenti
e sui pinnacoli tornava la mezza luna
segno del calante sole sulle terre
per sempre perse d'Oltremare
Si chiudeva la porta dietro il fuggitivo
che ammantellato seppelliva la bianca bardatura
e la rossa croce tacendo dei suoi segreti
nell'oscura cabina del Falcone.
Sul più alto degli alberi s'artigliava
l'occhio del falco per l'ultima vista
di un'Acri morente.
Solo il suo occhio potè
la caduta delle torri,
i fumi dei campanili,
il crollo della sacra cupola
tomba di credenti e miscredenti
e della crociata storia.
Ma era l'occidente a prua
fin oltre le Colonne d'Ercole
e nuova storia
che questa seppellirà. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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