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E tu ove sei ‘stanotte,
o angelo bello cosparso d’argento?
Qual cielo universale
quale costellazione
inondi di timida luce?
Dove andrai incoronato
dallo stesso sole in persona,
o cometa dell’etere leggero?
E quando il sol tramonta
e quando sorge stanco e assonnato,
spesse fiate ti voca
con voce scura nelle pallide ore,
t’orna di purpurei mantelli
affinché tu prenda il suo punto.
Qual regno celeste t’avvolge?
Pure il meriggio ombroso,
anche l’aurora colorata
ti chiede, mia creatura alata.
Quale degli astri reggi?
Tu qual parvenza di beltà infinita
tieni nella tua forte mano?
E tu, Luna, quando ti copri
di nuvole profonde e d’un rossore
virginale, e se miri vaga i campi
e quando invii i tuoi verecondi raggi
ti ispiri tu forse alla mia creatura?
È fors’ella che ti tinge di rosso
le guance dorate ed invola
il gran bagliore del tuo riso?
Di nuovo gli occhi ti brillan d’amore:
prima ch’egli giungesse in Terra
il giovane Endimione era cagione
de’ taciti sussulti e del rossore.
E quali movimenti il tuo animo
o l’essenza, o il cuore compie?
Di notte io errante m’aggiro pei prati
polverosi e miro le nubi:
accrescono la tua cinerea luce.
S’infrange quel cereo candore
su di un angelico viso:
ombre di terre lontane sfumano
tele dipinte e col pensiero vago...
In lontananza odo un canto di stelle
bianche, lucenti, mi chiudono gli occhi,
dal grande scintillio intravedo un sogno,
sorge da un’alba di perle... | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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