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All’aspre e torbide ombre di tomba
laddove ultimo tragge l’asilo
sonno di Morte, leggere qual filo
strette in congrega le Norne sen van;
e gli ossei volti, e gli occhi mortiferi
e i labbri irsuti, gli sguardi feroci
di Notte coprono dianzi alle croci...
con urla accecano, con empia man.
Danzano ossesse d’intorno alle fosse
gemendo grida nell’eco de’i morti,
donne d’invidia... d’orrore... di torti
che Sorte - l’ultima - vanno a chiamar.
Ah! Le lor mani consunte nel fiume
del freddo sangue non mostran che artigli
di belve infami; e adunan perigli...
lugubri fulmini tentan d’alzar.
All’ore fosche del Tempio notturno
pepli vestìti di lingue di Luna
s’aggiran tristi; e incidon la runa
per segni e incanti le Norne. Oh terror!
Fanno gl’intingoli, miele del morto,
sputano vipere negl’empi intrugli,
bevono sangue dai blandi miscugli...
danzan la ridda del teschio che muor.
Dal smorto cranio d’ognuna di queste
donne concentriche ricresce ‘l crine,
pallido e spento che nunzia la fine
all’uom che ‘l Fato adduce a morir.
Ecco! Una Norna già strappa un capello
alla sorella; e tosto ‘l recide.
Muore la vittima ignota; e sorride
la fossa altera che s’ha da riempir.
Ecco! Già un’altra... e un’altra poi ancora...
danze di Morte... di luttuose stille.
Quanto i capelli le salme son mille,
e mille poi altre son pronte a spirar.
Dicon le Norne affamate alle stelle
«La Morte è un sonno che parci gradito,
è un dolce lido... a danze un invito...
è come istante di calmo sognar;
e noi sorelle, unite pe’i morti,
presto sapremo voi pure segnare
di viva Tomba; e tosto mandare
laddove un Sole fors’anche già fu».
Ma un raggio ameno di giorno brillante
sperde tai donne... tai furie omicide.
È l’alba lieta; e tinta d’infide
luci lor Notte non luccica più. |
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