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«E' forse il caso di fare alcune precisazioni sul contenuto di questa poesia. Il viaggio in Sudamerica del poeta, dato per incerto dal Martinoni, sarebbe invece realmente avvenuto, come sostiene, dopo aver consultato tanti documenti, il compianto scrittore Sebastiano Vassalli nel suo libro "La notte della cometa", dedicato a Dino Campana; esso non durò però anni, come voleva dare a intendere Dino, ma pochi mesi, ed era stato organizzato dalla sua famiglia, che voleva disfarsi di quel ragazzo un po' strano, pensando che si potesse adattare a vivere laggiù come uno qualunque dei tanti emigranti di quel periodo. Per quanto riguarda, poi, l'improvvisa incapacità di Campana di scrivere ancora versi dopo l'ultimo e definitivo ingresso in manicomio, Vassalli ha un'idea stravagante ma suggestiva: i veri poeti sono come la cometa di Halley (da qui il titolo del suo libro), che appare nel nostro cielo regolarmente a distanza di 76 anni (nel 1910, nel 1986, nel 2062...) ; secondo questa ipotesi, di veri poeti (come Campana) ne nascono uno o due ogni secolo, ed essi hanno una produzione qualitativamente intensa e temporalmente limitata (come la cometa) .» |
Inserita il 17/03/2016 |
Il viaggio nei Paesi della Plata,
chissà se mai avvenuto per davvero,
fu viaggio almeno d’anima, che placa
così quel suo bisogno avventuriero.
E l’uso di quell’aria noncurante
verso i suoi versi scritti tempo prima
significar potrebbe che il mandante
fu abitante di sfera alta e divina. |
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«Dall’introduzione di Renato Martinoni a "Dino Campana. Canti Orfici e altre poesie", ed. Einaudi, 2003: "Non ci sono documenti certi del soggiorno sudamericano di Dino" (pag. LXVIII) e, nel manicomio, "non pensa più alla poesia (’Avevo qualche arte, ma poi non ne ho più’) " (pag. LXXXIV), ricollegandosi così alla vicenda di Rimbaud e confermando, in un certo senso, il pensiero di Paul Valéry, quello che prevede che (almeno) il primo verso di una poesia sia direttamente dettato da qualche divinità.» |
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