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«Il mio intento, in teoria, sarebbe quello di pubblicare poesie che dessero sempre serenità e possibilmente buonumore al lettore, ma spesso cedo alla seduzione di argomenti un po' tristi come questo, in cui esprimo l'idea che la nostra condizione più vera è quella della morte, se non altro perché la vita dura al massimo cento anni, e la morte in eterno... Quando pubblico cose di questo tipo sono però sempre perplesso, ho l'impressione di avere scritto qualche sciocchezza, e allora sono ben lieto di imbattermi, anche dopo anni, in qualcuno che ha pensato più o meno le stesse cose. Leggendo l'ultimo lavoro di Eugenio Scalfari, "L'allegria, il pianto, la vita" (ed. Einaudi, 2015) , ho trovato, in appendice, una lunga poesia, "Orfeo, Euridice, Ermes", in cui l'autore, Rainer Maria Rilke, espone, a modo suo, il mito di Orfeo e Euridice. Quando l'inconsolabile amante va a prelevare la sua amatissima compagna agli Inferi, costei, pur avendo la possibilità di tornare in vita, sembra volervi rinunciare. Trascrivo qui solo i versi più salienti: "Ma, tenuta per mano da quel dio, / con il passo frenato dalle lunghe / bende funebri, ella camminava / incerta, mite e senza impazienza. / Raccolta in sé e come trasognata, / non pensava a colui che le era innanzi, / né alla strada su verso la vita. / Era raccolta in sé, e la impregnava / il suo stato di morte. "» |
Inserita il 26/12/2015 |
Effimeri piaceri... La natura
dell’esser provvisorio che noi siamo
rifugge dalla subdola tortura
di ciò che sulla Terra noi facciamo.
La nostra dimensione forse è il Niente,
che noi in certi momenti pregustiamo,
quando lontano quella nostra mente
opera da realtà del quotidiano.
E’ allora che avvertiamo la presenza
di ciò che fummo e verso cui noi andiamo:
la presenza costante dell’assenza
di ogni umano agire, solo vano. |
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