ed io
non ricordo più dove sono

ho cento anni
forse mille
lo dicono le mie mani,
le prime che riesco a guardare
di carta impecorita
vuote e doloranti

ossa spezzate
(erano pugni?)

caparbi, feriti
da muri di cemento armato,
paure, silenzi, rancori
polveri di gesso
accerchiavano le tue fughe

non perdonavi mai
umiliavo faticosi alibi
perdonavo,
sempre,
semplice, ti amavo

cos’altro inventavi
mentre dormivo?
qualcosa di sicuro mi è sfuggito
frantumando i miei pugni
serrati a difesa

di te

il controsenso
del tempo
che usurava inutili anni,
il cuore arlecchino
che ha preso in giro la sorte

e me

sottoterra
respirando
con un piede nel passato