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«Ecco come descrive quel "breve tratto dell'Appia" lo scrittore casertano Antonio Pascale, in "La città distratta", ed. Einaudi (Stile libero), pagg. 51- 52: "La via Appia (...) si presenta come una delle strade più brutte d'Italia. La carreggiata confina per quasi tutto il percorso (...) con costruzioni abusive. Solo che lungo l'Appia questa pratica non riguarda la costruzione di case ma l'ampliamento di negozi e depositi preesistenti, dei quali si ignora se, a suo tempo, siano stati costruiti rispettando piani urbanistici. Se un commerciante ha un negozio, userà il marciapiede per esporre le merci, le sposterà giorno dopo giorno verso la carreggiata, le esporrà infine sul limite, tra il termine del marciapiede e il bordo della via. (...) Dopo l'estensione del negozio sorge il bisogno di pubblicizzare la nuova struttura. Quindi si elevano insegne in verticale. Siccome l'Appia è molto lunga e antica, chi installa un'insegna 'ex novo' avrà premura di alzarne una più grossa di quella dei suoi vicini, così che sia visibile. Dunque, più grossa e più luminosa, e cioè colorata con toni cangianti: giallo papera, verde pisello acceso, fucsia da discoteca. La via Appia quindi introduce il concetto di speculazione in grande, e può essere un punto di osservazione dell'andamento del mercato più esatto della Borsa di Milano. "» |
Inserita il 03/02/2013 |
Breve è il tratto dell’Appia tra quegli ozi
che fiorirono in tempo assai lontano
e quelli più recenti, con i vizi
che i Borboni introdussero man mano.
La Terra di Lavoro tutt’intorno
veder dovette gli sfrenati lussi,
pensando che serviva di contorno
alla dissipazione ed agli eccessi.
D’Annibale fiaccò quell’avanzata
verso Roma la terra capuana,
ed a Caserta la morigerata
virtù si perse in corte troppo piena.
E la provincia attorno con il tempo
seppe imitare quei cattivi esempi
di bella vita a modo suo, soltanto
producendo in quei posti gravi scempi. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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«Ho lavorato per otto anni in provincia di Caserta, e la conosco abbastanza bene. Se essa era famosa per gli "ozi di Capua" (il nome Annibale è ancora piuttosto usato nella zona: una mia collega si faceva chiamare Anna, ma il suo vero nome era Annibala) e poi per la Reggia borbonica, ora lo è per i disastri ambientali di cui tutti, credo, sono al corrente.» |
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