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«A pensarci bene, neppure le telefonate delle persone a noi più care riescono ad essere del tutto gratificanti. Scriveva il compianto Roland Barthes in "Frammenti di un discorso amoroso", ed. Einaudi, 1979, pagg. 92 - 93: "Sembra che Freud detestasse il telefono: proprio lui che invece amava 'ascoltare' . Forse intuiva, presentiva, che la telefonata è sempre una 'cacofonia' e che quello che il telefono lascia filtrare è la 'voce falsa', la comunicazione fasulla. Senza dubbio, attraverso il telefono io cerco di negare la separazione (...); ma il telefono non è un valido oggetto transizionale, non è una funicella inerte; il suo significato non è quello del collegamento, ma bensì quello della distanza; la voce amata, stanca, ascoltata per telefono: è il fading in tutta la sua angoscia. Tanto per cominciare, quando questa voce giunge a me, quando essa è là, quando (con molta fatica) continua ad esserci, io non la riconosco mai completamente; si direbbe che essa provenga da dietro una maschera. (...) E, inoltre, l'altro sembra sempre che stia per partire; egli se ne va due volte: attraverso la sua voce e attraverso il suo silenzio: a chi tocca parlare? Cessiamo insieme di parlare: ingombro di due vuoti. 'Sto per lasciarti', dice ad ogni istante la voce al telefono. "» |
Inserita il 07/02/2014 |
Il telefono ben frequentemente
squilla per un bisogno inesistente,
per proporre in un modo assai insistente
acquisti che non vuol fare la gente.
Ed anche se a parlare è un vecchio amico
che ricordarci vuole il tempo antico,
si disperde nel cavo il suo discorso,
non segue la parola il giusto corso.
Forse soltanto quando c’è l’amore
a fare immaginare quel bagliore
che risiede, chissà, nell’altro cuore,
può la telefonata dar calore. |
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