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Siam morti di fame, pezzenti co’ stracci,
serviamo’l balivo d’impavido re.
Le piaghe all’ischiene, sul collo gran lacci,
il feudo baciamo che servi ci fè.
Siam preti… siam dotti, pensieri d’Atene,
i nostri doveri danaro rubò.
Siam maghi di Scienza, siam strette catene,
cultura e sapienza possanza mangiò.
Siam pese dannate di miseri paschi,
siam merci affollate di vaga città.
Siam bare ricolme di giovani maschi,
portiamo al sepolcro chi morto qui sta.
Siam bimbi d’Arabia, siam ostie di guerra,
i folli Crociati per oro venîr.
Vessata… battuta quest’erema terra
decadde in miseria, le pene salîr.
Siam prodi messeri di bruta masnada,
rapine e violenze vogliam combinar.
In questi villaggi, deserta contrada,
i figli di Siria dovranno spirar.
Siam donne… siam lupe vendute ai sovrani,
siam prole bastarda d’un cieco poter.
I Cieli… le Sfere son tanto lontani
che Inferno c’impone: dobbiamo goder.
L’idromele ardito tracanna’l balivo,
lo schiavo malato più cure non ha.
Al solo vassallo va tutto l’ulivo,
il grano dorato pe’i servi non sta.
Il rege malvagio ch’è cupo… ch’è moro
il trono desira per sempre baciar.
Dai marmi splendenti di rorido foro
le leggi dell’Uomo non sanno marciar.
«Amabo pro mundo» mendace promessa
che vien da profeta dannato dal Ciel.
«Amabo pro mundo» la gente va oppressa
a celle di Stato ricolme di gel.
Tu, Roma lucente, sei solo rovine
che’l barbaro stuolo rammenta ancor più.
Il Mostro crudele di sette colline
non sembra la Gloria… la speme che fu. |
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