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Dolor perpetuo che l'umana stirpe
imperituro affligge; e sempre pecca
contra il favor del Nume! Alma secca
che vide il Cielo sul Golgota perir!
Sempiterna macchia, stampo infocato
in sulla rea fronte dell'assassino...
sigillo orrendo che l'esser meschino
al tempo de' posteri sa denunziar!
Recorda, insipiente! Vagar affranta
pel predestinato Fato e la bruta
vita mortale, la speme battuta
che fu in Cristo e visse, e con Cristo perì.
Immensità del Ciel! Miseria umana!
Il Nume si fè Uomo; e Uomo si piegava
percosso dai fratelli, e pur gridava
ai colpi romani del crudo flagel.
Dubitava forse; e da quella sorte
si credea estraneo, innocente qual era,
e fuggir volea. Ma cotanto fiera
era la Luce della sua Volontà.
Frale... tremante... singhiozzante... stanco
sul duro Golgota menava i passi;
e tant'era ignuda preda de' lassi
che cadde tre volte, e tre volte gridò.
Acclamava la folla la morte sua
barattata colla vita d'un furo;
ed Egli, innocente... virtuoso... e puro
dovette chinarsi a quel folle voler.
Spirò in croce!... Ai suoi piè la Vergine
stava gemente... e gridava... e fremeva
all'imago del Figlio che taceva...
che spento moriva asperso di dolor. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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