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Tepido il Sole
sull'erma landa
gli strali manda
al nostro tepor,
onde le tombe
de' regi antiqui
bagliori iniqui
ognor baceran.
Tace il deserto!
Le bionde dune
in preda a lune
destansi dal suol;
e van pascendo
del vento l'ale,
l'aër che sale
intriso d'orror.
L'erma bufera
tanto sospira,
grida e si gira
al tempo che fu.
Bussa ai sepolcri,
urla alla Sfinge;
il ciel si tinge
di tetro pallor.
Nel tempio antiquo
canta lo scriba,
il prete liba
al core d'Orion.
Un'ombra arcana,
un fantasima
ch'egro spasima
punito da Ra
nel truce mistero
perduto vaga;
l'alma mai paga
implora perdon
senza più spemi...
senza più lingua
mentre s'impingua
d'immenso dolor.
Ardon le braci,
spiran gl'incensi.
I Numi immensi
discorrono a noi.
Cedi il tuo velo,
oh beata Iside!
La nostra iride
vòl la verità...
la vòle ignuda
col sen scoperto,
senza più un serto
di santo pudor.
Saper vòl tanto
dominar l'ere,
regger le sfere
che stanno Lassù,
ove tra gli Dei
non è Natura
mister che dura
per cieco voler
ma sant'ordine
di giuste leggi
che infra i bei seggi
cullano l'Amor.
Canta dolente
pell'aura angusta
l'egra locusta
che lagrima ancor;
canta e predice
infami piaghe
che dolci saghe
canteranno un dì.
Striscian voraci
tra le lapidi
le crude aspidi
dal baldo velen;
seguon tremende
la folle fame,
mòvon le squame
sull'ostia che muor.
Anubi oscuro,
l'ore son corte
di chi la morte
da sempre segnò! |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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