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Afferra il pajuolo
la vecchia donna,
lunga la gonna
che copre l'età.
Accende il foco
dell'alta brace,
mescola e tace
nel forte bollir.
Una bestemma
sulla sua bocca
richiama e tocca
i Santi del Ciel.
Prende un gran sacco:
il grano piglia
schiude le ciglia
al biondo color.
Nell'acque mosse
la polve butta;
annusa e rutta
d'immenso piacer.
Cruda farina!
Bella polenta
non si spaventa
del veglio furor.
Cuoce fremendo,
cuoce e ribolle
al ciel s'estolle
il dolce sapor.
La vecchierella
sveglia il marito,
gli torce un dito
che rotto pur è;
gli grida dietro,
lo picchia ancora,
rimira l'ora
che s'ha da venir.
Egli si sveglia,
la guarda muto:
vuol con un liuto
spaccarle il cervel.
Ella gli grida:-
Scendi al crocicchio,
scendi o ti picchio
con duro baston!
Vola in campagna,
mi servon funghi.
Va' ché son lunghi
i bruti sentier!-.
Il poverello
or le obbedisce,
s'alza e sparisce
tremando d'orror.
Viene la sera.
Bussa la cena
ma cruda è appena
la polve che duol.
La veglia pazza
prende un gran tino;
getta del vino
nel misero pajuol.
Mescola e sputa,
insulti dice,
al Ciel predice
insano malor.
Torna il marito:
egli ha un bel fungo,
morbido e lungo
ma marcio già è.
La vecchierella
lo prende e taglia,
getta ogni scaglia
nel sozzo bollor.
Polenta orrenda!
Puzza oppressiva,
tinta cattiva
che eguali non ha.
In un baleno
appari pronta,
lasci l'impronta
d'osceno mangiar.
L'istrana coppia
ti mangia tutta.
Sei troppo brutta
al lor digerir.
Vomita il veglio,
sputa la strega
ch'allor si piega
urlando dolor.
La donna s'alza,
piglia lo schifo
fonte di tifo,
d'arcani malor.
L'aspra polenta
braccia meschine
alle galline
allor getteran.
I due malnati
han fatto il callo:
già più d'un gallo
per questo crepò! |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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