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Sui folli turbini del mar commosso,
ove l'onde anneganti nel sibilo
del vento, rimembrano la vita egra
e le insensate cure e le spemi
di lor che si strussero tra gli affanni
d'un viver ramingo figlio del lutto,
stende dal Ciel coll'ultimo sudore
un baglior divino un rajo di requie
che, singhiozzante nel tremore estremo
dell'estremo spiro, al miser dolente
che porta per affannosi baratri
la croce onerosa d'oneri infami
schiude clemente il viso raggiante
dell'aleggiante alma, lume perpetuo
proteso solennemente all'Eterno.
Quant'è duro il colle! Camminar stanco
sulle sue rocce, martiri d'un Nume
che spira nel spirar degli altri sospir!
Volgere pell'ultima ora il guardo al Sol
che dona l'ultimo stridente bacio
alle bianche gote del condannato!...
Sorride pronto il povero aspersorio
che bagna la secca, tremante ugola
di colui che un confortorio domanda
attendendo l'abbraccio della Morte...
ride; e tosto dubita nel delirio
che quell'affrante membra siano un Divo
desioso di liberar se medesmo
dal giogo malvagio delle sue carni,
poiché non puote l'Infinito offrire
agli uomini l'umiliazione del Sè
nè puote assoggettarsi supino
e dimesso al voler d'un omicida.
Dubbio! Il miser ciglio che si serra
urla piangendo al Ciel, e si spaventa
sentendosi abbandonato alla sorte...
alla nera terra che l'avvolgerà.
L'ultimo spiro! Un lume di speme!
Lo spirto in estasi ascende sublime:
ciò che era truce polve, adesso è Iddio...
colui che era Nume, ora è Umanità. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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