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Nel sempiterno penare della mia
negletta vita,
Smagai d'in su
al pelago delle tue aulenti
sponde.
Vezzose, le tue sembianze
ch'io con lubrica scorsa
rammirai, d'aprico
luminescenti, aspersi
il mio soave e lieto ammanto
coll'empio mio rimirar delle accorte
adorne tue membra.
Nequizia fosti dei miei fausti attimi,
diramati nella venusta tua mente.
Connubii di Pallade,
nei Rubini adamantini
del mio ostello esacerbai
nelle dovizie perigliose
del tuo cor flebile,
nel Gaudio dello scalpitar
degli effluvi rifulgenti
nelle vereconde orme.
Sgorga, o, sangue
dal mio trafitto ventre
alla Patria mia, nella quale giacqui
cessando le mie adirate
spoglie arboree.
I tuoi Pelaghi di Venere,
con mani floreali li tansi,
dalle tue voluttuose membra
inacerbite,
imbesuito per la gota rubra,
e il crine
della arruffata, ammiccante ancella.
Oh vittrice Diva,
arreca al porto quiete
le mie naufragate,
depauperate
membra
in altrui
loco.
Il piagnisteo
della mia crocifissa
trafitta vita,
per decantar i tuoi gracili,
letiziosi,
carmi.
Giocondità non vidi,
in mia
indarna puerilità.
Il morbo del doglio
che d' ira m'intrise,
allorquando
ignuda appostai la mia anima
nelle efferande tenebre di Dite,
l'ignoto misfatto, della vittrice
sdegnosa di doglio candore,
strepitò,
in morte la mia tacita
matrice riva .
Indegna umana sorte
pervenisti,
letizia non ode
se non grinza di viltà
con la dolce armoniosa
lira.
Divagai taciturno nel vespro
presso la via dei Tartari
asperso
poiché remotissima fosti
e,
me con incauta luce rimirasti.
Or ti tansi,
or mi tinsi di quel ch'io
mai fui
nella mia lauta,
depauperata taverna.
Quel dì il giacente
anfratto della
puerile imago
contaminata,
trasumanò
nel naufragio inabissato
per cotanta
mirabilia che tutto move
nelle reliquie smarrite
dei frondi di Nettuno.
Arcano e voce, oh,
tenaria Diva e
la silente riva nella umana
inasprente divina . |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
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«La Letiziosa ancella della negletta mia vita, del mar Resuscitato, ai Rubini malevoli delle Fallaci memorie del nocumento, nel trastullo d'un meriggio, nel vespro procelloso dell'animo, della rimurginante mia mente, foggiò l'epigrafe delle membra sue, icastiche. A piè delle mie "Venerationes animi", rinvenne. Nei dì,ci ramifica la agnizione della nostra magnanima vita è l'astro irto delle foglie nostre, arboree squamose di gelo.» |
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