Come un ritorno, un viaggio
di ritorno, lungo, lungo
una parte di strada che all'andata
non s'è memorizzata,
il sonno tentenna, tenta sonnellini e sonnecchi
e sempre più di rado
un passante passato e rimpianto induce a un sussulto,
a voltare la testa, a una svolta,
a un dove vado vado, non m'importa.
Cautela e prudenza e gente accorta
non escono di casa senza scorta
asta, bilancia e biada, rancio, basto e una dose.

Più breve la botta di sonno più sgombra di cose
la mente al risveglio
mi dico, ed ecco, a ritroso
arriva la prova di carico, il carro di legname
sul ponte appena fatto, l'orma pari pari
impressa sul catrame ancora untuoso.
Chissà se reggerà, per quanto ancora
basti la corda al contrario, il fine proposto,
il vettore eguale e opposto,
lo spostamento infinitesimale
da integrare da zero a infinito senza
farsi magari del male nel frattempo.

Il vicino di posto si alza, scompare e riappare, riacchiappa
ieri e domani, lepri bianche e nere,
e presele per le orecchie,
le ficca nella sacca,
ci lascia il suo posto a sedere,
e dichiara che sì, il ponte ha tenuto,
siamo salvi
per un pelo, sia pur con parecchie pretese,
e poi scappa, ci manca all'istante.
Il mio sospiro di sollievo ha un po' d'artrite.
Sono finite le cifre basse, e delle altre
non ce n'è poi più tante, vabbe', se bastassero.