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Annunziò mezzanotte la campana
d'una sperduta chiesa maledetta.
Brillò una terribile luce insana
dalla lunar face oramai negletta.
Furente soffiava l'orrido vento,
ch'inchinar facea l'innocenti fronde.
Terrificante e pieno di spavento,
il lupo gridava verba profonde.
Di frinir smisero i docili grilli,
in pallor tratti dall'aspra civetta;
e non più lievi e giovevoli squilli
baciavano il bel corso dell'auretta.
Intanto stavan nelle calde tane
gli umili animali or impalliditi,
mentre ignari che le gioie son vane
i rapaci faceano crude liti.
Anche i più casti e giusti innamorati,
capaci di render puro il peccato,
con promesse si fecer congedati,
senza udir lo spirto oscuro e dannato.
Ma a peccar contra que'sublimi Cieli,
continuavan gl'impuri seduttori,
che sposati coi notturni rii geli,
adoravan i menzogneri ardori.
Dunque il Dimonio contento li vedea,
e de' loro peccati si compiacea.
Ciglia infernali si palesarono
nella profonda tinta della notte.
Diaboliche mani dominarono
le rapaci e le veneree aspre lotte.
In un antico e cupo cimitero
pure le streghe giunsero veloci.
Con passi mesti, e vestute di nero,
emanarono terribili voci.
D'oscuro malifizio venne un foco,
ove ardeano tutte l'alme infernali.
Le fiamme facean lingue per rio giuoco,
e splendeano quali crudeli strali.
-Vò ognor essere una giovinotta-
disse una strega dal ciglio bramoso.
-Vò goder in ogni venerea lotta-
disse un'altra dallo spirto desioso.
Allor si cinsero a parar flaconi,
esperte di malefizi e veleni.
Frattanto, al sono di lontani tòni,
quali maligni e demoniaci geni,
scheletri salirono dalle fosse
per danzare d'un violino le note
dalla perizia d'un demòne mosse.
Dopo un istante, a baciar l'aspre gote
delle streghe cotanto deliranti,
giunse di Sathana un rio messaggero
che due grandi corna tenea davanti,
nonché un volto cotanto menzognero.
Ne'pressi d'una ria e sconsacrata ara,
due streghe portavan una verginetta.
L'ignudarono con mossa sì amara,
e la poser sulla pietra maledetta.
Ella, innocente e pudica, gridava,
ma ivi niun aiutante l'ascoltava.
Un demòne, preso in mano un pugnale,
l'uggola le tagliò con malvagità,
giacché un malvagio dinnanzi a un mortale
sentire nel core non può la pietà.
Misera e sventurata fanciullina!...
Morta nel bel fiore de' migliori anni!...
E voi, demòni, a una dama divina
osaste compir codesti aspri danni!...
Non mirate la vostra ria crudeltà,
mentre il sangue le fia sozzo il bel viso?
Non udite alcuna tremenda viltà,
dopo averle ucciso il casto sorriso?...
Era ella bella, buona, casta e bionda.
In vita potea essere assai gioconda.
E ora? Sta ivi morta sopra un altare,
colle chiuse ciglia pien d'acque amare.
Ma improvviso giunse il còcente sole,
ch'illuminò il loco di lume ardente.
Mentre i perfidi, sotto la sua mole,
trovavan la giusta morte furente,
un Angiolo della dama lo spirto
al celeste Paradiso allor guidò.
Pria di fuggir il suolo di mal irto,
la verginetta ai carnefici parlò-
Punita sta la vostra malvagità:
m'avete uccisa! Io sono l'umanità-. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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