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Veggo dell'Oceano l'onde impetuose
che mosse dalla tramontana
colpiscono le scogliere mostruose
d'una landa perduta e arcana.
Miro della notte le triste fosche
che lontane dall'alba luna
abbracciano queste terre rie, losche
e gioche di mala Fortuna.
Osservo del cielo i nembi oscurati
che spesso colpiti dai lampi
a questi terreni già funestati
non lasciano speranze e scampi.
Sento del gufo lo stridulo canto
che truce, crudele e lugubre
empie quest'istrano loco sì affranto
di sentimento assai funebre.
Odo dell'acque che lievi s'infrangon
il crudo strepito infinito.
Paion esse fanciulletti che piangon
qualche gaudio appena sopito.
Ascolto proveniente da lontano
d'un corno l'incantevol sono.
E' un bardo che canta pel suo sovrano
dianzi all'elfico e sommo trono...
E' un innamorato che all'assoluto
chiegge dal profondo del core
la dolce resa del bene perduto...
l'avverarsi di quell'Amore
che, senza tregua, per molto agognò
nell'impeto del sentimento...
di quel sentimento ch'ognor lo portò
in un oceano di tormento.
Oh Amore!... Sé tu dé sogni la fonte,
degl'incubi sé tu il signore.
Perciò non avrà pace la mia fronte,
nè l'avrà il mio dolente core. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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