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«Il tango al quale mi riferisco in questa modesta poesia, il tango presente nelle menti di tutti gli Europei e, da moltissimo tempo, anche in quelle di tutti gli Argentini, non è il ballo delle origini. Ne ho avuto la conferma leggendo "Il tango", di Jorge Luis Borges (ed. "Adelphi", 2019; è la traduzione in italiano di "El tango. Cuatro conferencias", pubblicate per la prima volta, in lingua originale, soltanto nel 2016) . Il tango delle origini (ballato inizialmente tra uomini nelle vicinanze dei postriboli) era una danza in cui si inscenavano essenzialmente le truculente gesta dei guappi bonaerensi: le storie d’amore erano praticamente disdegnate, e gli Argentini perbene lo disapprovavano. Il tango si evolse dopo il 1910, quando fu esportato per la prima volta all’estero, a Parigi, ottenendo dagli intellettuali francesi il lasciapassare (non a caso, forse, il cantante di tango più famoso di tutti i tempi fu Carlos Gardel, di origine francese, e sempre non a caso, probabilmente, il compianto nostro regista Bernardo Bertolucci ambientò, sessant’anni dopo, l’ormai mitico film "Ultimo tango" proprio "a Parigi", e non a Roma, a Londra o a Berlino): diventò, e lo è tuttora, il famoso "pensiero triste che si balla", espressione usata, pare, per la prima volta dal Maestro E . Santos Discépolo.» |
Inserita il 05/08/2019 |
Metto un disco di tango e già rivedo,
in un contesto un poco esagerato,
tappe della mia vita che possiedo
solo se da una musica aiutato.
L’amore che finisce sempre male,
l’amicizia che nasce per tradire,
esperienze che non sono mai rare
in un disco di tango sono vive.
E il ritmo della musica sprigiona
una forza che le tante tossine
della mia vita, mentre il disco suona,
fa scaturire: è terapia sublime. |
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