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Continuano gli sbarchi di clandestini sulle coste siciliane.
Mi sono ispirato ai tanti episodi nei quali la gente semplice vive il dramma della immigrazione, oggi come nel passato |
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Padre,
il sole sorge di nuovo ad est.
Il tuo sguardo di leone mai domo,
la tua carezza rimarrà nel mio cuore.
Non aver paura,
padre mio.
Parto.
Lontano, oltre quel mare.
Giorni bui mi aspettano.
Di fame e di speranza.
In tanti con me,
disperati come me.
Il sale che ti entra nelle vene.
E la morte... compagna di viaggio.
Il sangue vicino a me, di giovani vite spezzate.
I vivi costretti a soffrire per soffrire di più quando arriveranno.
Se arriveranno.
Notte,
uno scoglio.
-tutti in acqua, figli di puttana-.
E noi giù, sempre più giù.
Nuotare all’infinito verso non so cosa.
La spiaggia, finalmente,
senza fiato.
Con la vita ormai sputata fuori col sangue e la diarrea.
Ad un tratto una voce e piccoli passi.
La polizia?
-no, ti prego Dio, loro no-...
Se ti pigliano sei di nuovo a casa tua,
di nuovo al di là del deserto...
dove la vita muore appena vieni al mondo.
-che sì? sì ggiùvene, tine fame? mange, figghie... -
(-chi sei? ... sei giovane, hai fame? Mangia figlio... -)
-che cazzo di lingua parla questa vecchia... -
-in Italia si parla l’italiano- ti hanno detto quando guardavi canale 5,
dal satellite.
Donne profumate,
mangiare, bere, lavoro, soldi...
-che sì? tìne fame? cùprete, ca fè fridd!
(-chi sei? Hai fame? ... copriti, che fa freddo! -)
La voce fioca,
un bagliore dai suoi occhi raggrinziti da rughe fiere,
avvolto in quello scialle di lana grossa...
e scorgi di nuovo qualcosa di familiare,
di nuovo lo sguardo fiero che non morirà mai.
Lo sguardo che hai lasciato nel cuore di tuo padre.
In quella vecchia, la dolcezza di una madre
che ha perso un figlio, tanti anni prima.
Era partito un giorno, di mezza estate.
Le aveva detto:
-nen te pruccupènn, mamma mèje,
veche pe 'ccampè, pe 'ccampè mègghje-.
(-non preoccuparti, madre mia,
vado per vivere, vivere meglio-.)
Un altro figlio partito verso l’ignoto,
in un giorno che sorgeva il sole ad est...
il treno lo portava a Marcinelle.
Quel treno glielo avrebbe portato via per sempre.
In fondo a quel pozzo nero carbone,
macchiato di sangue italiano.
Macchiato di sangue affamato.
Quel pezzo di pane lo porge ad un figlio,
al figlio lontano e mai più ritornato.
Una coccola senza età.
Una mano tremolante,
ma ferma nel dare amore a chi ne ha bisogno.
Alzati e non dimenticare.
Non dimenticare quello sguardo, quella mano.
Pensa a tuo padre, al di là dell’orizzonte.
Seduto sul ceppo a scrutare il cielo.
Tornerai,
più vivo di sempre.
Col cuore di una vecchia.
rimarrai,
nel cuore eterno di una madre,
mai doma nel dolore.
Alzati e vivi.
Ogni momento è degno di essere vissuto.
La tua pelle nera si chiuderà sulle ferite sanguinanti.
Ed il giorno sorgerà di nuovo,
ad est. | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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