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seduto su una panchina a guardare la folla della piazza |
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| Di gente gremita
è nel giorno domenicale
la piazza del paese
tra rintocchi di campane
e stridii di freni di bici sfrenate
schiamazzo di voci indistinte si ode:
cicalii femminili, brusii di senescenti,
tengono chiacchiericcio concerto.
Festoso cafarnao animato
da passeggio di avvenenti
forme procaci, teste rapate
visi imbellettati e incipriati,
coppie austere e odoranti
uscite in vistose divise
nella domenicale parata.
Vale la pena incontrare
gente dai vivaci colori:
bisogna pure che ci si ritrovi
e, a qualcuno, sul trend delle proprie
tristezze si tenga un rapporto adeguato
che allacciando discorsi
si confrontino sopravvissute speranze.
Sulla piazza principale
può accadere di tutto:
ritrovare il respiro della giovinezza,
urtare un amico di cui si erano perse
le tracce, arrossire per la vampa
di uno sguardo che il cuore tocca,
appoggiarsi ad un muretto
e seguire il rocambolesco
trasloco di una pagliuzza
tra le prensili antenne tenaci
di una formica ostinata.
Rinchiusi nei box angusti
delle feriali occupazioni,
confinati fra orridi torrioni,
arruolati dalla sopravvivenza,
senza sbocchi o salti di sorte
in un vuoto di spiragli,
tra ombrose spirali di vuoto,
tacitando gemiti inascoltati
i nostri giorni consumiamo.
Bisogna riappropriarsi
eh sì, di un pezzo di vita!
Guardare altri tratteggi
oltre il cerchio del quotidiano
che ci confina con le sue nubi,
strapparsi di dosso quell'odore
di chiuso che si appiccica
addosso e si condensa nel cuore.
Si attende una settimana
un vitale squarcio di sole,
una manciata di raggi
che ci ricordi il volto
e i colori del cielo, un soffio
di vento per veder scompigliata
una pettinatura laccata, colloquiare
in un segreto linguaggio con la cima
irrequieta di un albero chiomato.
Nella piazza affollata
straripa il lamento del mondo,
si raccolgono le storie confessioni
di destini traditi e svuotati,
si sfiora l'abbrutimento
partorito dalla sterile monotonia
di una scondita esistenza,
sboccia la richiesta sempre umana
e mai esaudita di una speranza
che tra gli uomini e per gli uomini
tangibile vera giustizia avanzi.
Sarà deserta domani la piazza.
Attraversando il fumo che resta
dalle ceneri di combuste illusioni
abituali piccioni, numerosi
verranno a beccare sbriciolati
resti di chips e patatine scampati
alla bocca ingorda di bambini.
Nella piazza svuotata, un lapidario
silenzio, domani, disperderà
l'afono clamore delle nostre illusioni. | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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