L’informe oscurità che mi circonda non ha volto, perché niente vedo al di là dei miei occhi velati di tristezza. Niente sento al di là del respiro pesante che trasuda sul mio corpo. E’ un’oscurità senza sensazioni, non vedo che il buio, e il buio è solo angoscia. E’ una sera come le altre, come tante di quelle che finiscono, di quelle dove le stelle vegliano i sogni e le speranze.
Ma con il tempo si finisce anche di sognare. Tutto è immobile, persino il pendolo dell’orologio che è lì a scandire il tempo, il trascorrere della mia esistenza, lo fa sempre con lo stesso ritmo, con la stessa, medesima, cadenza. Ho ascoltato tante volte il silenzio, troppe volte l’ho sentito parlare, rispondermi, e troppe volte ho richiuso alle spalle la finestra lasciando indietro le ombre e i ricordi del passato. Ma tante volte ho riaperto, se pur con amarezza, pagine invecchiate. Ho rievocato estati finite, inverni freddi, autunni e primavere cerchiate da profumi che sembravano indissolubili e persistenti, affidando alla speranza la mia vita, ma che con il tempo si è dissolta, frantumandosi e distruggendo ogni cosa al suo passare. Non abbiamo fatto mai progetti, ora che ricordo, io e te.
Non abbiamo mai pensato al futuro, così... come fanno tutte le coppie felici o meno.
Oh! Non eravamo il plus ultra della felicità, non eravamo nemmeno una coppia da invidiare.
Ma eravamo noi!
Oggi, mi chiedo, se non avvertivamo già che quei progetti su quel futuro insieme non sarebbero rimaste che parole, non sarebbero state che inutili promesse. La nebbia che ci ha accompagnato nella vita si dilegua lentamente lasciando, il ristagno del dolore e dell’ossessione, nella mia solitudine. Un’ossessione che vive a disturbare, adesso, quel che è rimasto del mio tempo.
Ci siamo mai capiti veramente? Bella domanda!
Non abbiamo avuto il tempo per scoprirlo, pensando di averne tanto di quel tempo, fino alla fine. e il bello è che non ci siamo neppure chiesti che poteva essere prossima questa fine.
Nei nostri occhi regnava la paura che, senza la consapevolezza di chi sogna, era adagiata lieve, come un cuscino di seta sul sofà, su quei nostri sogni che venivano sempre meno, che divenivano sempre più fragili. Ero arrabbiata e spesso per mesi non parlavo. Sì! ti parlavo, ma senza quella solita espressione calda che usavo quando stavo bene insieme a te. Per me quel mio parlarti non era che silenzio, di quello che non comunica, che non decide, che non esiste. Sorridevo davanti ai tuoi discorsi, quasi con ironia rispondevo alle tue domande.
Mi chiamavi, ma io non c’ero. Mi volevi, ma non ti volevo. Mi raggiungevi, ma mi allontanavo.
Ero terribilmente arrabbiata!
Forse perché in cuor mio sapevo che non avrei mai potuto cambiare il corso della vita, e si inasprì in me quella strana forma di paura. Poi cominciasti tu ad aver paura, e mi tenevi stretta, in quel tuo abbraccio immaginario finché riuscisti a dirmelo quella sera... ricordi?
Era d’aprile e l’espressione disperata sul tuo volto verso me, mai la cancellerò più dalla mia mente.
Tu mi trovavi molto bella, ma non l’avevi detto mai con quello sguardo di pianto che feriva. Mi hai confessato che non mi meritavi e ad occhi bassi e senza più voltarti, sei andato via. Non ti ho fermato, volevo dirti che ti volevo bene, ma non l’ho fatto. Volevo dirti... non so più cosa... qualcosa certamente, perché sentivo, senza saperne ancora la ragione, che non te l’avrei più detto, ed ho chiuso in fretta, quella porta, alle tue spalle. Poi seguì, la solita monotonia di giorni uguali a tanti, tra noi discorsi mescolati a quel lugubre silenzio, fino a quel pomeriggio che sei andato via per sempre.
Oggi vorrei pensare che non mi manchi, che tutto ciò che c’eravamo detti, era bastato.
Vorrei pensare che è così... per non morire!
E da lassù, ora lo sai che ti volevo bene, conosci i miei silenzi e i miei pensieri, mentre ancora una volta io non conosco i tuoi. So solamente perché non parlavamo di quel futuro insieme. Non ci sarebbe stato mai e dentro di noi, già lo sapevamo! E poi, quel senso della vita, che troppo spesso mi dicevi di non aver trovato... Oh! Pier c’era quel senso... c’è… è nostra figlia, una continuità di luce che brillerà per noi, noi che eravamo e che continueremo ad esserci, anche se divisi da questo cielo.
E ora non mi resta che dirti ciao... che dirti non dimenticare mai, che ti ho voluto e che ti voglio bene…e a te queste mie ultime parole… per te che ora fai parte di quel cielo, dove il dolore non fa più rumore!
( Novembre 2003)