Era una bella giornata. Il sole splendeva a larghe falde sulla pianura, sul mare, sulle montagne e su tutto quello che gli pareva a lui , tanto a noi che cazzo ce ne frega, tranne che su quelle del Kilimangiaro.
Io avevo un feroce mal di testa che cercavo di tenere a bada con delle compresse che mi facessero da domatrici. Ad un tratto la vidi passare, altezzosa e regale come una contessa; ammesso e non concesso che le contesse possano essere regali ma io credo di si perché conosco delle regine che si atteggiano ad imperatrici, anche se non dovrebbero.
Quando i nostri sguardi si incrociarono (il mio veniva da destra, il suo contromano) successe il finimondo. Fu un'esplosione nucleare, uno tsunami alto trenta metri, un terremoto di magnitudo sconosciuta, insomma, a farla breve, un casino mai visto.Io mi alzai di scatto dalla poltrona del bar ed il dolore alla testa si mutò rapidissimamente in una fitta lombare che mi lasciò senza fiato ma con il solito alito cattivo, quello che mi viene sempre dopo che ho mangiato acciughe marinate farcite con la nutella.
Lei si accorse subito di me e con una voce soave che pareva provenire dal flauto traverso suonato da un Muto Sughi raffreddato ed artritico, mi chiese, forse già imbarazzata dalla sfrontatezza della domanda: - Scusi, conosce l'ora?-Io, con un gesto che avevo studiato su Youtube, spalancai il mio cellulare ultimo tipo a gettoni e le risposi: - Le quattordici e ventisette ora di Tokyo -- Ma io volevo quella di Livorno! -- Mi dispiace, feci tutto mortificato, quella di Livorno non ce l'ho. Può andare quella di Pisa?- aggiunsi speranzoso.
- Per carità. Pisa merda!-
e se ne ando senza più degnarmi di uno sguardo ma con il mio che faceva da poltrona ai suoi mistici glutei .
Tornai a sedermi sulla sedia del bar intanto che mal di testa e lombaggine erano scomparsi per lasciar posto ad una colica delle vie biliari mentre la giornata si andava facendo brutta, il sole smetteva di splendere e l'aria assumeva, precariamente, il colore di un ergastolano che si è rotto i coglioni ad intrecciare il vimini.