Quando sei piccolo e ti chiedono “cosa vorresti fare da grande?” i più rispondono elencando una serie di mestieri che la società ti propina come i più ambiti perché meglio remunerati o con sbocchi su fiorenti e brillanti carriere.
E’ normale che un bambino si faccia influenzare da quello che sente nel suo ambito famigliare o da ciò che vede fare dai suoi genitori, seguendo il più delle volte le orme di una vita e di un sogno che non gli appartengono, ma che altri vorrebbero vedere realizzarsi attraverso di lui.
Quando cresci però e ti ritrovi a riaprire il cassetto dove avevi stipato i tuoi sogni, ti rendi inesorabilmente conto che la TUA strada poteva prendere una piega diversa, senza dover necessariamente ricalcare i passi già percorsi da altri.
Sin da quando ero bambina sapevo che avrei voluto fare qualcosa che potesse esser d’aiuto al mio prossimo. Sentivo la necessità di fare del volontariato per poter in qualche modo restituire tutto quell’Amore di cui ero stata ampiamente benedetta.
Certo non avrei avuto di che riempire la bocca della gente se non di pettegolezzi e di critiche, o di che sfamarmi e mantenere una eventuale famiglia, ma sicuramente avrei dato a me stessa l’opportunità di appagare la mia più intima “vocazione”.
Se mi guardo indietro non ho rimorsi né rimpianti e tutto quello che ho vissuto lo rivivrei.
Ora però sento che ci sono delle potenzialità inespresse dentro di me e che vivere in un contesto dove è più semplice mettere etichette addosso alle persone piuttosto che concedere loro la possibilità di rimettersi in discussione, non aiuta questa mia esigenza di riscatto e di crescita.
Mi rendo perfettamente conto che non è il luogo in cui vivo a limitarmi, né il mestiere che faccio, né la posizione sociale che rivesto e nemmeno il ruolo che ricopro all’interno della famiglia.
Quello che limita la mia libertà è il senso del dovere, che invece di suscitare lo stimolo ad agire verso la mia soddisfazione e che a fine giornata dovrebbe farmi dire: “sono fiera di chi sono e di ciò che ho fatto”, si trasforma nel mio carceriere in quanto, non essendo nato dalla libertà di esprimere ciò che veramente sento ma dal senso di colpa e di responsabilità, non può certo partorire la mia liberazione né tanto meno la mia felicità.
Talvolta per dare una svolta alla propria vita e per riappropriarsene bisognerebbe essere disposti a correre dei rischi, anche a costo di dover sovvertire e scombinare le aspettative altrui.