Li radunai intorno a me e con le braccia li strinsi tutti in un abbraccio solidale e affettuoso. Ci univano i lunghi anni di addestramento, di studi e di avventure. Nulla e nessuno poteva distruggere la nostra amicizia.
Risposero con un unico, unanime abbraccio e rimanemmo così uniti per alcuni lunghi e intensi secondi.
Sentii il mio petto gonfiarsi di commozione.
Non occorsero parole d’ incitamento. Non avrei nemmeno potuto parlare. Un nodo alla gola me lo impediva. Ci sciogliemmo dall’ abbraccio assestandoci pacche cameratesche gli uni agli altri.
L’ emozione era palpabile ed era evidente in molti sguardi lucidi.
Eravamo pronti a morire per i nostri ideali e per salvare l’ impero.
Poi i nemici riapparvero e innanzi a tutti c’ era un guerriero dall’ aspetto imponente e l’ espressione autoritaria.
Notai che indossava la nostra divisa da combattimento, brandendo le nostre stesse armi.
Intuii subito che fosse un avversario esperto e temibile.
Avanzava divorando con decisione la distanza che ci separava, fissandomi negli occhi e quando fu a pochi passi da me, con cipiglio arrogante prese a scrutare la mia figura in ogni dettaglio. Ricordo il suo sguardo da serpente, come ricordo con fastidio la morsa che mi attanagliò lo stomaco.
Forse percepì il mio disagio perché proclamò con una voce stentorea: « Hai combattuto bene Hui e fatto quello che hai potuto, ma ora siamo giunti alla resa dei conti. O ti arrendi e mi consegni la famiglia reale o tu e i tuoi uomini non vedrete il sorgere di un nuovo sole.»
Conosceva il mio nome e mi domandai chi gli avesse fornito quell’ informazione.
Non potei fare a meno di notare la grande scimitarra intarsiata che pendeva al suo fianco in un fodero d’ argento, e che solo a un Gran Maestro era concesso portare. Pensai che quell’ individuo l’ avesse rubata. Non poteva essere un uomo sacro. Un Venerabile non avrebbe mai compiuto azioni così efferate come l’ attacco alla residenza imperiale.
Sorrisi amaramente e gli risposi, ostentando pacatezza ma in modo sprezzante: « Non so chi sei… anzi in realtà lo so benissimo! Sei uno dei monaci rinnegati che ha tradito la famiglia reale e l’ impero! Forse sei stato proprio tu a organizzare tutto. Ma in questo momento non m’ interessa, come non m’ interessa conoscere il tuo nome. I vili non hanno bisogno di essere nominati, bastano le loro azioni e la loro nomea a rappresentarli. Sappi soltanto che non abbiamo fatto tanta strada e patito tante sofferenze per cedere i nostri protetti al primo vigliacco che profferisce minacce!»
Lo vidi sussultare. Lo avevo ferito nell’ orgoglio davanti ai suoi uomini. Lui che si dava tante arie di superiorità.
Il suo volto si trasformò in una maschera di odio e di ferocia, ma ignorai il suo livore e lo sfidai ancora. Avevo intenzione di portarlo al parossismo e forse, accecato dalla collera, avrebbe commesso un passo falso.
« Veditela con me. Dimostra ai tuoi uomini che hai abbastanza coraggio per affrontare da solo un maestro!»
Non era vero che fossi un maestro. Perlomeno, non ancora. L’ attacco alla residenza aveva impedito la mia nomina, ma lui mi guardò sorpreso. Non si aspettava certo di dover affrontare un esperto supremo della Sacra Lotta.
I suoi uomini mormorarono, allargandosi intorno a noi, certi che il loro capo avrebbe accettato la sfida e lui non poté evitare di farlo. Sarebbe stato un disonore.
« Maestro o no, morirai tra atroci sofferenze!» esclamò, attaccando.
Decisi per una tattica difensiva finché non avessi capito il reale valore del mio avversario, valutando la sua potenza fisica. Purtroppo, sin dalle prime mosse, dovetti rendermi conto che anche lui era esperto in quella disciplina.
Per la prima volta da quando ero diventato guerriero mi assalì il dubbio della sconfitta.
Fece ricorso a molti trucchi pur di disarmarmi ma io, nonostante la stanchezza, prevenni e parai ogni mossa.
Gli tenni testa per qualche drammatico minuto non senza difficoltà, riuscendo anche a mettere a segno qualche colpo violento con il bastone, ma diversamente da me, lui era fresco e riposato. Aveva deliberatamente mandato avanti i suoi uomini nel precedente attacco evitando di stancarsi per avere un vantaggio e la sua tattica stava funzionando.
Purtroppo, riuscì a disarmarmi ben presto.
Sul mio gruppo scese un gelido silenzio.
Il suo viso si storse in un ghigno malvagio mentre sguainava la sua lama d’ acciaio brandendola al mio viso. In quel momento capii di essere a un passo dalla morte.
E l’ avrei accettata perché un vero guerriero non teme la fine della vita terrena ma nella reincarnazione. Era la nostra religione e ci era stato inculcato fin da bambini quel concetto.
Guardai con rassegnazione la spada puntata su di me, ipnotizzato dai bagliori che emanavano la lama.
Un richiamo improvviso lacerò i miei pensieri strappando da quella letale apatia.
« Hui… no!» Era la voce di Maylinn. Nello stesso tempo udii il rimbalzare dell’ acciaio sul terreno al mio fianco e agendo d’ istinto mi precipitai ad afferrare la spada che Tien mi aveva gettato.
Ma il mio avversario non me lo permise. Aveva assaporato il gusto della vittoria e non ci stava a farsela sfuggire con un nuovo combattimento.
Abbassandomi per raccogliere l’ arma rimasi del tutto alla sua mercé offrendogli la possibilità di colpirmi in pieno.
Aveva mirato al mio collo, e solo per la prontezza di riflessi riuscii ad evitare che la mia testa spiccasse dal corpo. Scartando di lato con un guizzo velocissimo riuscii a salvarmi la vita.
Purtroppo, però, non riuscii a scansare del tutto la lama, e subii l’ atroce menomazione. Avvertii un dolore lancinante al braccio sinistro, e con orrore lo vidi volare via dal mio corpo con un getto di sangue.
Ricordo le urla, quelle mie di dolore e quelle dei bambini e dell’ imperatrice.
Ricordo che ebbi ancora qualche secondo di lucidità prima che il dolore e l’ orrore dilagassero nel mio animo ottenebrandomi la mente.
Ero caduto in ginocchio e lui ancora una volta brandì la spada all’ altezza del mio collo. Avvertii il peso dell’ acciaio gravare nell’ unico braccio rimastomi. La mia mano destra stringeva ancora l’ elsa della spada e la sua figura, per quanto incombesse minacciosa su di me, rimaneva del tutto indifesa.
Prima che lui infierisse e con l’ ultima stilla di energia sollevai la lama contro il suo ventre e l’ affondai.
Un attimo prima che l’ oscurità pietosa scendesse su di me, vidi il traditore accasciarsi senza vita.
Quando mi risvegliai ero del tutto scioccato. Non riuscivo nemmeno a capire dove fossi e che ci facessi disteso per terra, con i volti preoccupati dei miei compagni chini su di me.
La ferita mi doleva da morire, ma ancora non avevo realizzato l’ enormità di quanto mi era accaduto. Il trauma mi aveva annebbiato la memoria e mi guardavo intorno confuso. Tentai di sollevarmi ma il mio amico Tien mi trattenne: « Stai fermo, Hui. Hai già perso sin troppo sangue.»
« Che mi è successo?» domandai, cercando di sbirciare, ma la schiena di uno dei soccorritori mi copriva del tutto la visuale. Sentivo che trafficavano intorno al mio braccio, laddove avvertivo un immenso dolore e dove tra l’ altro, stranamente, pensai molto più tempo più tardi, sentivo ancora di avere un arto, mano compresa.
La sciabolata che me lo aveva troncato di netto era scomparsa dalla mia mente, né i miei compagni mi avevano già spiegato l’ accaduto.
Maylinn, che era rimasta silenziosa e in disparte fino a quel momento, mi si inginocchiò accanto: « Mi permetti, comandante Hui?» domandò, mostrandomi una salvietta umida. Non capii cosa volesse fare ma a lei avrei concesso tutto. Annuii e lei iniziò a detergermi il volto dal sangue e dal sudore con estrema delicatezza.
Nei suoi occhi lessi una pena infinita e fu allora che iniziai a ricordare.
Le immagini dello scontro emersero pian piano e la prima cosa che mi sovvenne fu la mia spada piantata nel ventre del traditore.
« L’ ho ucciso!» mormorai sofferente e a denti stretti.
Lei annuì: « Sei stato molto coraggioso, comandante! E per merito tuo il resto della banda è fuggito!» Ma in quel momento il suo sguardo si colmò di pianto e all’ improvviso ricordai il mio dramma.
« No!» urlai, tentando di liberarmi da tutte quelle braccia che mi trattenevano a forza.
« Sta calmo, Hui! Siamo appena riusciti a cauterizzare il moncherino e a fermare l’ emorragia.» disse Tien stringendomi con più vigore.
Ero disperato, sconvolto. La tragica realtà si era abbattuta su di me come una mannaia straziandomi l’ anima, così come mi era stato straziato il corpo. Ero un guerriero e avrei dovuto essere preparato a una simile evenienza ma, evidentemente, non era così. Sbattei la testa a destra e a sinistra rifiutando il pensiero di essere rimasto menomato e Tien me la afferrò per impedirmi di causarmi altro male.
« Voglio vedere! Fatemi vedere!» quasi li implorai, consapevole che finché non avessi appurato la verità con i miei occhi non avrei mai iniziato ad accettare la mutilazione.
I miei compagni si spostarono e allora mi resi conto! Il vuoto, quel grande vuoto che vidi al posto nel mio braccio fu come una pugnalata al cuore.
« No!» urlai ancora con tutto il fiato che avevo nei polmoni « No! Non è possibile!» Il mondo mi crollò addosso! Il mio futuro di uomo, la mia fulgida carriera di monaco guerriero, erano finite.
Mi abbandonai senza forze e senza più volontà di combattere contro il destino. Le lacrime presero a scorrere copiose sul mio volto e tutti i miei compagni volsero lo sguardo altrove, alcuni a disagio, altri per nascondere la loro intensa commozione.
Tutti si volsero, tranne lei.
Ancora in ginocchio accanto a me, Maylinn aveva assistito alla tempesta di emozioni in cui mi ero dibattuto e si chinò. La vidi avvicinarsi attraverso il velo di lacrime e sentii le sue labbra posarsi sulle mie, dolcemente.
Monastero Del Canto Del Vento
L’ emozione mi aveva preso alla gola.
Le ultime parole del mio racconto vennero accolte da un silenzio che si protrasse a lungo.
Sentii molti compagni schiarirsi la gola, o dare in colpetti di tosse imbarazzati. Capii allora come la storia di mio padre aveva coinvolto tutti quei guerrieri e pensai con orgoglio quanto dovessi andare fiero di essere figlio di quell’ eroe che aveva salvato la dinastia imperiale. E capii anche che davvero non esiste coraggio se non si prova paura. Mio padre aveva dato anche questa grande lezione.
Si alzarono in piedi tutti, aspiranti monaci e Gran Maestro, battendo l’ elsa delle spade sugli scudi, e levandole all’ unisono in un urlo osannante mio padre.
Solo molto più tardi qualcuno ebbe il coraggio di domandarmi come finì la tenera storia d’ amore che l’ imperatrice aveva condiviso con lui, ma io scossi la testa. Risposi che lo ignoravo e che mio padre era stato talmente discreto, a tal proposito, che la fine era rimasta un segreto.
Quando lasciai la sala volgendo le spalle ai compagni, sorrisi. In realtà lo sapevo ma non lo avrei mai rivelato.
Maylinn e Hui si erano amati quei pochi giorni, ma quell’ amore era stato tanto profondo e intenso, che sarebbe durato per tutta la vita.
Fine