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Fata Arcobaleno

Ragazzi

Tanto tanto tempo fa su questa terra esistevano già il mare, il cielo, i prati e i monti, ma tutto era grigio, monotono e avvolto in una massa di nebbia.

Esistevano le piante ed esistevano i fiori, ma senza colori e, intorno, sebbene fosse pieno di vita, sembrava esserci soltanto desolazione.

A quei tempi però esistevano già le fate, sotto forma di spiritelli senza forma e già con il potere della magia.

Erano sette le fate e in tutta quella desolazione si annoiavano molto. L’ unica loro consolazione era il lago presso cui vivevano, le cui acque avevano proprietà magiche. Difatti, erano in grado di riflettere tutti i desideri delle fatine e renderli visibili, come fossero reali.

Accadde che un giorno, la più grande delle sette, stanca di vedere il suo corpo trasparente, decise di coprirlo per renderlo visibile. Si recò quindi sulle sponde del lago e vi si riflesse, desiderando ardentemente di essere vestita. Le sue mani si mossero con grazia nell’ aria disegnando un modello e le magiche acque rifletterono il suo gesto rimandandolo in aria.

L’ incantesimo si compì in un istante e la fatina fu lesta ad afferrare il vestito e indossarlo. Il tessuto era impalpabile e le ricopriva il corpo dal collo fino ai piedi. Felice, iniziò a danzare, facendo roteare la gonna intorno al suo corpo poi, si fermò. Mancava qualcosa per rendere unico quel capo e non contenta del risultato provò anche a inventarsi un colore. S’ inginocchiò di nuovo specchiandosi nell’ acqua e dopo vari, estenuanti tentativi, vide il lago tingersi di azzurro. Sorpresa e sconcertata guardò in alto e solo allora si accorse che era il cielo a essersi tinto di azzurro e che quel colore si rifletteva nel lago. Non solo, la magia si era propagata anche su di lei.

Quando la videro, le sue sorelle rimasero impressionate dall’ incantesimo. Ora la maggiore non era più trasparente come l’ acqua e poco visibile ma aveva preso consistenza e così agghindata a loro parve bellissima.

“ Come hai fatto a inventare una veste e un colore così tanto bello?” le domandarono curiose e Azzurrina, così la chiamarono da quel momento, rispose: “ Ho immaginato la terra ricoperta da un immenso tetto azzurro e l’ ho chiamato cielo e quel colore si è riflesso poi sulla mia veste.”

Le sorelle guardarono all’ insù ed effettivamente sopra di loro vi era una distesa dello stesso colore dell’ abito.

“ Brava Azzurrina! Hai vestito anche il pianeta!”

Ognuna si complimentò, ma in realtà, ognuna si rodeva per il successo ottenuto dalla maggiore.

Da quel momento si ingegnarono tutte per inventarsi qualcosa di altrettanto straordinario, che poteva rendere i loro corpi ben visibili e che fosse incantevole come il cielo colorato da Azzurrina.

La prima a riuscirci fu Smeraldina, come venne chiamata in seguito, quando ai loro occhi apparve una distesa di prato verde e intorno grandi alberi dalle chiome rigogliose. Di fronte all’ incanto della natura, le altre fate non poterono che inclinarsi per rendere omaggio all’ abilità della sorella.

La terza fata rimase imbronciata per giorni. Inutilmente si recò presso il lago concentrandosi e pensando a qualcosa di speciale, poi guardando il cielo si rese conto di quanto fosse bello ma anche di quanto fosse vuoto e desiderò ardentemente di colmare quel gran vuoto. Ancora una volta la magia delle acque si risvegliò, assecondando il sogno della fatina che, con l’ incantesimo vi pose al centro una grossa palla incandescente dal colore giallo, che emanava barbagli dorati. Poi, lo stesso fluido magico ricoprì il suo corpo con una veste dello stesso colore.

Le altre, non riuscendo a combinare nulla di buono, si riunirono intorno al lago e unendo la loro magia riuscirono a inventare l’ arancione, il rosso, il porpora e l’ indaco. Ognuna prese il nome dal colore, che scelsero per ordine di grandezza e il porpora toccò alla più piccola.

Porporina, non fu proprio contenta del colore e del nome che le era rimasto a disposizione, innanzitutto perché non capiva bene a cosa potesse essere abbinato e poi proprio perché le era stato imposto dalle sorelle che, invece, con quello scelto, avevano ottenuto creazioni straordinarie.

Arancina aveva offerto il colore ai girasoli, alle albicocche, alle zucche e alle arance. Rossella aveva colorato i papaveri, le rose rosse e aveva dato il colore ai tramonti infuocati.

Indachella aveva invece tinto le acque più profonde e il cielo, quando la luce sbiadiva e stava per scendere la sera.

A Porporina non rimaneva granché e, afflitta dalla malinconia s’ isolò e non volle più saperne di stare con le sorelle.

Inutilmente le maggiori tentarono di convincerla che il suo colore era magnifico e che il vestito che indossava la rendeva bellissima. Porporina iniziò a piangere e non smise più.

Il cielo si incupì con lei e il lago si agitò in burrasca. Il tempo peggiorò a tal punto, che il mondo ripiombò nel grigio assoluto. La malinconia di Porporina era talmente grande da contagiare le sorelle.

La fatina rimase per giorni a guardare il cielo cupo e la pioggia con il vento che sferzava gli alberi, i prati e i fiori appena creati. Forse fu allora che intuì che il grigiore dipendeva tutto dal suo umore e che se non avesse smesso di piangere, da lì a poco, tutto quello che le sorelle avevano colorato si sarebbe nuovamente ingrigito.

Si riscosse e si recò al lago e mentre si apprestava ad asciugarsi gli occhi, attraverso il velo di lacrime intravide uno strano fenomeno nel cielo e allora le venne un’ idea.

Proprio in quel momento arrivarono le sue sorelle con l’ intenzione di riappacificarsi con lei.

“ Ci fa star male vederti così afflitta e abbiamo deciso che una di noi sacrificherà il proprio colore e lo scambierà con il tuo, pur di vederti di nuovo sorridere.”

Porporina sgranò i suoi occhi: “ Davvero?” domandò, scrutando con attenzione le vesti colorate delle sorelle e non riuscendo a decidere quale delle sei le piacesse di più.

“ I vostri colori mi piacciono tutti!” disse.

In quel momento una folata di vento sollevò e scompigliò le impalpabili vesti delle sorelle e le fatine lottarono, ridendo tra loro per rimetterle a posto.

Porporina le guardò con attenzione, poi guardò le acque dove si specchiava il cielo.

Il vento stava spazzando via le nubi e negli spazi si intravedeva di nuovo l’ azzurro.

“ Non occorre che mi cediate un colore perché basterà che, ognuna di voi, me ne dia una piccola parte. La mia veste sarà multicolore!”

Le altre la guardarono senza capire e Porporina s’ inginocchiò sulla sponda specchiandosi, poi fece un gesto e nel lago si distese un arco grandissimo e dai tanti colori.

Nello stesso momento la sua veste si colorò magicamente delle stesse tinte. “ Guardate! È balenato un arco nel cielo!” esclamò entusiasta, indicando in alto.

Le altre non poterono fare altro che inchinarsi davanti alla magia dimostrata dalla fatina.

“ Da oggi in poi Porporina non esiste più! Io sono Fata Arcobaleno.”


Vivì 11/01/2021 11:11 2 1017

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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Commenti sul racconto Commenti sul racconto:

«Condivido l’intervento di Franca Merighi...
Bellissima questa ennesima favola... la triste Porporina che diventa Fata Arcobaleno... e questo grazie alla generosità delle altre sorelle che, per amore e solidarietà, le avevano offerto le loro stesse vesti... Ben scritta. Fantasia che conquista...»
Giacomo Scimonelli

«Vivi! Ma che fantasia stupenda che hai! Le tue favole sono tutte belle e sono sicura che raccolte in un libro per bambini diventerebbe un best- seller! COMPLIMENTI DAVVERO!»
Franca Merighi

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