Le due donne s’ avviarono presso la fermata della corriera, il freddo era così intenso da congelare il respiro ed i loro visi erano intorpiditi e arrossati dal gelo ma il pensiero della sua piccola metteva in secondo piano anche le loro vite.
La corriera arrivò in ritardo, la gente intanto si era accalcata per salire spingendosi fra loro sia per la fretta di trovare un posto a sedere e sia per ripararsi dal freddo. Le due donne si dovettero separare, Rosalia trovò posto accanto ad un giovane, lei gli diede un’ occhiata distratta, poi guardò fuori dal finestrino, il paesaggio invernale era consono al suo stato d’ animo, tanta tristezza e abbandono.
Intanto si chiedeva se era stata una buona idea lasciare il suo paese e la sua famiglia per avventurarsi da sola in un mondo dove le donne sono considerate soltanto un mezzo per procreare e mettere al mondo altri maschi… già solo maschi, considerati da sempre superiori alle donne e lei aveva dato alla luce un’ altra femmina, destinata probabilmente ad umiliazioni e sofferenze. Assorta nei suoi pensieri non fece attenzione a ciò che le stava capitando intorno, quando una brusca frenata, la fece catapultare in avanti finendo fra le braccia dello sconosciuto. Il giovane per niente contrariato le disse, sfoderando un bellissimo sorriso: ” Chi preju trovarmi ntra i braccia ‘ na accussì bì edda carusa, mi chiamu Bruno e vuatri?” Rosalia sebbene raramente provava imbarazzo, in quel momento si sentì un’ imbranata, mentre un insolito calore le risaliva in mezzo alle gambe, al solo contatto delle sue forti braccia, non si ricordava nemmeno più da quanto tempo non sentiva simili sensazioni, tutto ciò mentre lui sembrava penetrarla con lo sguardo, due occhi neri e profondi, infine dopo un momento di esitazione trovò la forza di rispondere: ” Rusalia… mi chiamu Rusalia, mi dovete perdonare sunnu ‘ n distratta…” Poi si voltò per evitare che si accorgesse del rossore che era apparso sulle sue guance. Bruno le chiese: ” Annamu rintra u stissu posto? Siti macari vuatri ri ca?”
Rosalia non voleva raccontare i suoi fatti ad uno sconosciuto quindi si inventò una frottola:” Staiu accompagnando fì mmina Lucia unni alcuni suoi parenti, vedete jè chidda fì mmina seduta accanto a quel vì ecchiu cu a varba.” Bruno guardò in direzione di donna Lucia e rispose: ” Iu mmeci sunnu propriu ri ca, staiu turnannu a casa meo pi Natale, staiu facennu u servizio militare a Tarantu comu marinaio.” A quel punto Rosalia si zittì, non aveva più voglia di parlare, la sua mente era piena di pensieri e di dubbi, si domandava tormentandosi se Annuzza le avrebbe ridato la sua creatura, aveva timore che la donna si rifiutasse ma a quel punto lei avrebbe usato tutti i mezzi anche quelli più estremi per riprendersi quello che le apparteneva cioè il sangue del suo sangue.
Intanto la corriera risaliva su dalla valle, per una strada impervia e piena di curve che si affacciava a strapiombo sul mare. La veduta era meravigliosa, l’ immensa distesa azzurra dall’ acqua cristallina, si perdeva fino all’ orizzonte e dalla quale si ergevano grandiosi scogli frastagliati, rifugio di granchi e molluschi di cui era ricca. Era facile restare incantati davanti a tanta bellezza e sentirsi delle formiche di fronte a tanta grandezza, Rosalia in quel momento avvertì il desiderio di morire per porre fine al suo dolore e forse trovare finalmente la pace. I suoi truci pensieri furono interrotti dal pianto improvviso di una bambina che in compagnia di un uomo presumibilmente il padre voleva la mamma. L’ uomo cercava in tutti i modi di calmarla dicendo che stavano andando da lei ma la piccola era inconsolabile, Rosalia si rivide piccina quando gli altri bambini della scuola le chiedevano sfidandola: ” Ma tu nun l’ avi a matri? Sempri i zie ti venunu a pigghiari?” Lei da bambina orgogliosa qual’ era non si faceva accorgere che stava male nel sentire quella domanda, alzava la testa fiera e fissandoli negli occhi ribatteva: ” Meo matri jè partita poi veni e mi pigghia… e vuatri fatevi i fatti vostri.” Rosalia non voleva dirgli che i suoi genitori erano morti o almeno era quello che le zie le avevano sempre detto. Qualcuno la riportò al presente era Bruno il quale le disse: ” Signurina, signurina arrivamu, a prossima fermata jè a nostra…” Lei si distolse da quei dolorosi ricordi e rispose: ” Guardate chi nun sunnu sorda, gridate comu si fù ssimu lontani.” Poi si alzò avvicinandosi a donna Lucia, la quale si era apprestata verso l’ uscita. La corriera si fermò nella piazza del paese, e i passeggeri iniziarono a scendere, Bruno aiutò Lucia la quale aveva difficoltà per via di un problema all’ anca, poi diede la mano anche a Rosalia la quale rifiutò dicendo, per poi pentirsene subito dopo: “ Pi cu mi aviti preso? Pi ‘ n’ invalida, so cavarmela da sula.” Si rese conto che il giovane voleva solo essere gentile e la scortesia nei suoi confronti non aveva giustificazioni, la vita l’ aveva cambiata, facendo emergere i lati più duri del suo carattere. Cercò di rimediare notando che Bruno c’ era rimasto male e gli sorrise dicendo: “ Mi dovete scusare ma sunnu stanca.” Bruno replicò: “ No, scusatemi vuatri sunnu statu trù oppu invadente, si vadda chi siti ‘ na carusa seria.” Continuò dicendo: ” Uora vi saluto.” E caricandosi lo zaino sulle spalle, si allontanò velocemente. Rosalia gli diede un ultimo sguardo poi con donna Lucia salirono su per una stradina antica, lastricata con dei grandi pietre piatte, chiamate “ summa crusta”, e su cui era facile scivolare, finalmente arrivarono in un altro piazzale del paese dove c’ era un bar, le due donne si fermarono davanti all’ entrata, guardando dentro ma senza entrare infatti non era bello che due femmine accedessero in un luogo frequentato esclusivamente da uomini, ai tavoli c’ erano seduti alcuni vecchi che bevevano un bicchiere di vino, giocando a carte e parlando del più e del meno. Qualcuno si accorse di loro e disse a voce alta: “ Dui femmine? E chi ci fannu cca?” Tutti gli altri ammutolirono fissandole, a quel punto il proprietario si avvicinò chiedendogli: ” Chi volete? Cercate po ì esseri qualcuno? Po ì esseri ‘ n maritu chi jè scappatu?” Alle sue parole seguirono le risate dei presenti… Donna Lucia, visto il suo trascorso e che non si intimoriva certamente davanti ad un gruppo di uomini rispose senza raccogliere la provocazione: “ Stamu cercando Annuzza a figghia ri Ninuzzu e Catena, ci sapete diri unni abita?” Un uomo sentendo la richiesta della donna, le chiese con aria sospetta:” Picchì a cercate? Cù osa volete da idda? “ Donna Lucia non sapeva chi fosse quell’ uomo e per non creare sospetti rispose:” So chi havi avutu ‘ na picciridda e semu venuti pi farle visita pi Natale…” L’ uomo sputò per terra in senso di disprezzo poi domandò: “ Ri unni venite? Nun siti do’ paisi.” Lucia rispose: “ Semuri ‘ n paì si ca vicinu, conoscete Campo Siculo? “ Dicendo il primo nome che gli venne in mente, l’ uomo ancora guardingo continuò: “ Allura siti i paesani ri Don Peppino u parroco di la cresia di la Maronna di li Grazzi.” A quel punto Lucia capì l’ intenzione dell’ uomo che voleva sondare la veridicità delle sue affermazioni e con l’ aria risentita rispose: “ Nun semu venute pi fari paroli, si ci volete aiutari beni… si no vi salutamu.” Qualcuno nel bar intervenne sentendo la discussione e si rivolse all’ uomo dicendo: “ Fofò chi vvoi fari? L’ interrogatorio a chisti belle signuri, picchì nun arrispunni e basta accussì continuiamo a jucari, u tavulu si raffredda sino…” Seguirono i borbottamenti degli altri presenti, Rosalia si rivolse a Lucia dicendole:” Annamu ca perdiamo sulu tempu.” Stavano per andarsene quando Fofò ripensandoci le richiamò: “ Siti fortunate stainnata mi sunnu susutu cu a luna bona, a fimmina chi cercate abita o rione Giardini, r’ intra n’ vico, a casa jè a mattoni.” Così dicendo si sedette al tavolo dove l’ aspettavano impazienti gli altri giocatori. Lucia rivolgendosi a Rosalia le disse: ” Spicciamuci picchì si sta facennu scuro”. La ragazza non se lo fece ripetere due volte e s’ avviò a passo veloce su per il paese. Le stradine erano completamente deserte, la gente era rintanata nelle case accanto ai camini accesi, le finestre si illuminarono di deboli luci che davano all’ abitato un aspetto singolare da presepe. Rosalia aveva il cuore a pezzi, straziato da un dolore acuto che le faceva perdere il respiro, l’ ansia di poter riabbracciare la sua piccolina diventava incontrollabile e la paura che non la trovassero in terrore. Donna Lucia si accorse del suo stato d’ animo e cercò di tranquillizzarla: “ Rusalia tranquilla a stari, vedrai chi andrà tuttu piu megghiu.” Lei la guardò con lo sguardo rabbuiato e rispose con rancore: “ Sperate chi fussi accussì, altrimenti nun so cù osa farò…”