"Senti Luca! Questa volta ti lascio per davvero!" "Com’è possibile che tu sia così incredibilmente testardo?"
"Ma tesoro..."
"E non mi chiamare tesoro! Lo fai solamente quando ti vedi perso!"
"Va bene, farò quello che mi hai chiesto, ma sappi che sarà contro la mia volontà!"
"La tua che? Tu non sai nemmeno cosa sia la volontà!"
"Adesso però esageri Elisa, un conto è la volontà e un altro è andare contro le proprie idee, il proprio orgoglio!!"
"Sarei curiosa di sapere come faremmo a vivere con il tuo orgoglio! Sono mesi che dici di aver cercato lavoro da tutte le parti, ma senza risultato, e ti permetti il lusso di rifiutare quello che ti offre mio padre!".
"Senti cara, a te sembra normale che io accetti questo lavoro, dopo tutto quello che tuo padre ha detto di me?, che sono un fannullone, che mi sono sposato con te mirando ai suoi soldi, che da solo non avrei combinato mai niente di buono? E tanto altro che non sto qui ad elencare! Ma va bene, va bene! Accetterò il lavoro che mi offre, ma ti avverto, alla prima sua frase indisponente me ne vado immediatamente!"
Questo era diventato il nostro matrimonio, un susseguirsi di rimproveri, liti e situazioni sgradevoli come questa.
Elisa ed io ci eravamo conosciuti in un Club dove si giocava tennis, un posto che frequentavano solo i ricchi, io ero praticamente sempre invitato da qualche amico e non mi preoccupavo affatto della mia posizione modesta. Ma l’ amore si sa, non guarda in faccia le classi sociali, e così ci trovammo innamorati e felici di esserlo. Dopo un anno Elisa se ne accorse di essere incinta e il padre volle un matrimonio da favola (che io non approvai, ma che alla fine si fece secondo i gusti di mio suocero e di Elisa).
Io lavoravo come meccanico e guadagnavo abbastanza per vivere, ma non quello che Elisa pretendeva, e fu così che suo padre mi offrì di lavorare per lui nella contabilità della sua azienda. Accettai malvolentieri, quel lavoro non mi piaceva, seduto dietro a una scrivania tutto il giorno a fare operazioni e a seguire una contabilità che mi esasperava. Così decisi di andarmene. Ero un bravo meccanico, avrei trovato sicuramente un lavoro in questo campo. Ma purtroppo mi sbagliavo, la situazione economica del paese era peggiorata e i pochi posti liberi erano stati già occupati.
Il padre di Elisa, pur di accontentare sua figlia, mi aveva riproposto il lavoro che avevo lasciato, non prima di avermi detto in faccia quello che pensava di me! Mi sentivo umiliato, offeso. Amavo seriamente mia moglie, e fu solo quello a farmi tornare dentro a quel’ ufficio con la coda tra le gambe, come si suol dire...
Purtroppo però, quella situazione forzata mi rese taciturno ed ero spesso di cattivo umore. Quando finivo di lavorare non mi andava di tornare a casa, me ne andavo ai giardini a respirare un po’ d’ aria pura. I giardini erano frequentati da molte persone, quasi tutte anziane, anche da mamme con bimbi piccoli in carrozzina. Pensavo al mio bambino di pochi mesi, e immaginavo Elisa che lo portava a spasso con la sua carrozzina, ma era un sogno vano, perché mia moglie voleva lavorare a tutti i costi, e mio figlio era nelle mani di una babysitter.
Mentre pensavo queste cose un piccolo cane mi si avvicinò per annusarmi i piedi, aveva un guinzaglio che si trascinava dietro, ma nessuno che lo stesse cercando. Presi il guinzaglio e mi misi in piedi con l’ intenzione di cercare il suo padrone. Dopo una passeggiata di mezz’ ora una splendida ragazza si avvicinò sorridendomi e sgridando il cagnolino disse:
"Ma dove eri scappato furbacchione?"
"Mi trovò lui a me, che sedevo su una panchina a mezzo chilometro da qui"
"Meno male che non le è capitato niente di male, o che non me l’ hanno portato via, è un cane di razza e..."
"Si, vedo, vedo. Ecco il suo cane, ma stia attenta a non lasciarlo scappare un’ altra volta!"
"No, certo che no! Senta, per sdebitarmi con lei accetta un caffè nel bar qui vicino?"
"Accetterei volentieri, ma mi si è fatto tardi"
"Ma andiamo! Quanto tempo ci vuole a prendere un caffè?"
Il suo bellissimo sorriso e quegli occhi color miele mi convinsero ad accettare. Prendemmo quel caffè insieme, e da quel giorno furono molti i caffè che bevemmo insieme. Ormai era diventata una piacevole abitudine, e io me ne accorsi che aspettavo impaziente il suo arrivo ogni giorno... Laura, così si chiamava, era una studentessa di medicina al suo ultimo anno e stava preparando la tesi, per staccarsi un po’ dai libri e sgranchirsi le gambe, usciva tutti i giorni a portare Billy ai giardini, mi disse anche che era completamente libera, e che viveva da sola. i suoi genitori erano morti quando lei era piccolissima e una zia l’ aveva allevata con tanto amore.
Io le dissi che ero sposato e che avevo un bimbo di otto mesi, ma che non ero felice nel mio matrimonio .In principio ci sforzavamo di parlare del più’ e del meno, ma si capiva che morivamo dalla voglia di baciarci, cosa che accadde inevitabilmente... Fu un bacio lungo e dolcissimo e io mi sentii in paradiso. Devo ammettere che con Elisa era stata una cosa più’ passionale, che bruciava i sensi ma che ora, si erano spenti lasciando solo cenere.
Continuammo a vederci, parlavamo di mille cose, finché un giorno, invece di salutarci come facevamo sempre, io andai a casa sua, e per la prima volta vivemmo il nostro amore interamente. Questo amore vissuto così, ci faceva sentire padroni del mondo, era troppo bello, però era un sogno che doveva finire prima o poi, non potevo dimenticare che avevo una famiglia, un figlio che non mi vedeva mai e anche se mi si straziava il cuore dovevo, ripeto dovevo allontanare Laura da me. Sapevo benissimo che avremmo sofferto tutti e due, ma era meglio così, era giusto così.
Laura mi guardò con quegli occhi meravigliosi color miele, pieni di lacrime. Ci abbracciammo come due naufraghi che sentono di affogare senza che niente e nessuno ci potesse aiutare. Io mi staccai da lei con fatica, il cuore a pezzi e me ne andai senza girarmi. Stavo dicendo addio alla felicità ed Elisa non avrebbe mai saputo quello che avevo fatto per salvare il nostro matrimonio.