La chiesetta diroccata è completamente immersa in un verde lussureggiante. Il contrasto che si crea tra la vegetazione ed i ruderi è un invito troppo forte per la ragazza che scatta numerose fotografie sotto lo sguardo attento di Francesco, che sembra sorpreso dalla padronanza di Mercedes nel maneggiare l’ apparecchio fotografico.
«Ci facciamo un autoscatto?».
«È una buona idea», gli risponde Francesco.
La ragazza posa l’ apparecchio su una roccia, orienta l’ obiettivo, preme il pulsante che farà scattare la foto e si avvia rapidamente verso Francesco che è seduto sull’ ultimo gradino della porta d’ ingresso della chiesetta.
Gli si accovaccia a fianco e dopo il «clic» dell’ autoscatto nessuno dei due sembra volersi alzare, rimangono in silenzio l’ uno di fianco all’ altra, con il desiderio inconscio di voler prolungare una piacevole sensazione.
Dopo, lentamente, si voltano e si guardano intensamente negli occhi: le loro labbra si sfiorano con delicatezza, mentre il resto del corpo rimane timorosamente distante per non rompere quel magico momento.
La donna si divincola dalle braccia di Francesco e gli dice: «Vieni, ho scoperto uno scorcio di Managua veramente suggestivo!»
Francesco la segue poggiandole il braccio sulla spalla ed osserva il panorama.
La capitale è avvolta in uno strato di foschia trasparente: dietro ad una fabbrica, dalla quale fuoriesce una sottile colonna di fumo nero, s’ intravede un elicottero che si alza in volo; sembra rimanere fermo a qualche centinaio di metri dal suolo e, dopo aver fatto un giro di perlustrazione, scompare rumorosamente all’ orizzonte.
«Prima della guerra civile, in quel campo di calcio, c’ erano sempre dei bambini che giocavano a pallone. Ora, invece, ci sono gli elicotteri», sussurra la donna nicaraguense.
Poi Francesco e Mercedes percorrono una stradicciola lastricata di cubetti di porfido.
La ragazza scatta numerose fotografie alla gente comune che incontra.
Le immagini sono filtrate attraverso l’ obiettivo della macchina fotografica.
In sottofondo si sente il «clic» che fissa i fotogrammi più espressivi.
Tre bambini giocano alla guerra e si rincorrono, chiassosamente, per la strada ricoperta di detriti d’ ogni genere e di rifiuti ammassati negli angoli delle case scalcinate e bucherellate dai proiettili. Davanti ad un hangar, ricoperto di lastre di lamiera, un cadavere giace per terra protetto da un lenzuolo bianco che riflette gli ultimi bagliori del tramonto. Un soldato, con il fucile sulla spalla, fa la guardia alla salma, fumando nervosamente un mozzicone di sigaretta.