Giovedì 30 aprile 2020, h. 9,30
I giorni e le settimane ci stanno scivolando addosso tutti uguali, mentre nella loro apparente lentezza corrono veloci.
È finito anche aprile e non ce ne siamo quasi accorti, pur lamentandoci ogni giorno della noia e di questo lockdown che ci tiene richiusi nelle nostre abitazioni, come fossimo agli arresti domiciliari.
Si esce di tanto in tanto, per fare spesa, come fosse l’ ora d’ aria concessa ai detenuti di un immenso carcere, ma poi non si vede l’ ora di tornare a casa, imbragati come siamo dalle mascherine e dai guanti, tutti in fila indiana davanti ai negozi ad aspettare che l’ addetto ai controlli pronunci il salvifico “ avanti un altro” e magari tocca a noi.
Nel supermercato spesa veloce, per rispetto di che attende impazientemente il proprio turno e ci si sente in colpa se ci si attarda davanti al banco delle piante, per sceglierne una da portarsi a casa, per accudirla poi quasi fosse un essere umano.
Dal 4 maggio le misure di contenimento si allenteranno un po’, ma subito il timore di una risalita dei contagi si impossessa delle nostre menti e spegne gli entusiasmi. Saremo tutti responsabili di fronte a questa semilibertà vigilata? Oppure, come bambini scatenati, oltrepasseremo i limiti producendo danni irreversibili per noi e per gli altri?
Non si può andare fuori regione, all’ interno della propria da un comune all’ altro occorre una motivazione valida. Non c’è entusiasmo per l’ estate che si avvicina. Non riusciamo a vederla vestita con abiti colorati e costumi, ma imprigionata anch’ essa da dispositivi di protezione e quasi umanamente terrorizzata dal timore di produrre involontariamente col suo arrivo ulteriori contagi.
E tanti giovani senza lavoro, che non vedono prospettive di impiego nell’ immediato futuro e a questa umiliante impotenza si accompagna la consapevolezza di non poter immaginare la realizzazione del sogno più bello, quello di formare una famiglia, di mettere al mondo un figlio.
Tutto appare rimandato ad un domani che si vede sempre più distante e immerso nella grigia caligine dell’ incertezza.