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Provo a non pensarti. A staccare da me ogni ricordo, ogni sensazione, ogni brivido. E poi c’è il tuo profumo che mi resta impresso e quello non posso, non riesco ad estirparlo e lo vorrei, per tornare a respirare. E vorrei fosse solo sesso, magari del buon sesso, che togliendomi la voglia, facesse sparire le emozioni. Ma poi ci sono gli abbracci, già, gli abbracci. La prima volta che mi hai abbracciata, mi è mancata la terra sotto i piedi. Dopo il timore di un primo contatto, ho sentito una cosa strana: il tuo abbraccio era il mio conforto. Ho sentito che potevo appoggiarmi a te e trovare calore e forza. Potevo finalmente appoggiare la testa sulla spalla di qualcuno e svuotarla da tutti i pensieri, dalle paure, dalla forza che mi sono dovuta far venire negli anni: mi sono sentita a casa, stranamente a casa. In una casa che non ho mai abitato, ma a casa. Ed è incomprensibile, per me, tutta questa irrazionalità: fa a botte con la mia quotidianità, col mio mondo. Tengo le distanze per non ferire, per non ferirmi. Vigliaccheria? Non credo, buon senso? Forse, non lo so. Mi vedo da fuori, e quello che vedo è una grande fragilità. Quando ti ho chiesto cosa vuoi da me, mi hai risposto: nulla perché non posso offrirti nulla. E io cosa ho da darti? Nulla! Ma c’è un’ alchimia, una tale energia che mi stordisce. La nostra diversità, fa si che più penso no, più dico si. E questi si non mi fanno dormire la notte. E questa è stata una notte da dimenticare: non scenderò nei dettagli, non servono. Volevo che fossi tu, perché non riuscivo a reagire, il mio corpo non voleva saperne e la testa era un no enorme, che mi soffocava. E quando è tutto finito, ho pianto, chiusa in bagno, come una bambina e non riuscivo a smettere. Avrei voluto scappare, gridare, fare qualsiasi cosa per annullarmi. Ora è passato, ma mi sento vuota. Non so se lo avevi previsto o se lo immaginavi, non so se hai mai pensato a come avrei reagito. Non so neppure, se ti interessa davvero qualcosa, ma ora lo sai e lo so anche io. Confermo, semmai ce ne fosse bisogno, che mi hai presa in pieno e mi hai messa all’ angolo sapendo bene che in questa cosa, io, ci ho messo il cuore. Che stupida, vero? Ricordi quando mi hai confidato che l’ amore ti faceva male e che il sesso era più semplice: si prende e si da esattamente quello di cui, in quel preciso istante, si ha bisogno. Dovevo dare ascolto a quella vocina nella mia testa che mi suggeriva di allontanarmi da te ma io sentivo solo il casino che mi facevi dentro, soprattutto quando non eri con me. Ed io cosa ti ho risposto? Ci sono sguardi che fanno l’ amore… e tu hai riso, con quella risata che ti fa socchiudere gli occhi e mette in evidenza la fossetta sul mento ed io mi sono sentita piccola e stupida e non ho voluto vedere, anzi ho reagito con l’ orgoglio dei perdenti e mi sono detta, con me sarà diverso, di me si innamorerà. Sento tutto troppo forte e vorrei che il dolore che mi porto addosso, ora, un giorno mi torni utile. Ripenso a quando hai fatto il primo passo e alla frase che con disinvoltura hai sfoderato insieme al tuo sorriso: ti meriti qualcuno che riesca a sentire il silenzio che hai negli occhi. E ci ho creduto, volevo crederci. Forse è colpa dell’ età, la consapevolezza di scoprire che gli uomini non ti guardano più. Aver paura di non provare più quella leggerezza: avere ancora 20 anni. E mi sono lasciata andare. Non mi pento, non mi hai costretta, ma non sei chi pensavo tu fossi, o forse non sei mai esistito.
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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