Vorrei scrivere una breve favola per te, ma appena ci provo ecco che arriva il vuoto, l’impasse. Come quando apri un rubinetto e non ne esce l’acqua. Come potrebbe cominciare una favola per te? Con un "c’era una volta"? Sarebbe un po banale, lo fanno tutti ormai. Anche se a scrivere favole sono rimasti in pochi a dire il vero. E se cominciasse con un " In un paese piccolo e affollato di brava gente " come sarebbe? In un paese cosi potrebbe abitarci una bambina con le treccine e il vestito giallo e un grembiulino rosso. Potrebbe abitare un po fuori paese per esempio, fa la contadina, aiuta mamma e papà nella fattoria dove ci sono molti animali e campi da coltivare. Una piccola contadina, allegra e ottimista. Anche se molto diffidente con gli estranei, soprattutto quelli che arrivano dalla città. Sally, la nostra bambina si chiama cosi, e aveva un hobby, come si dice oggi, un passatempo. Costruiva flauti di legno, li ricavava dai rami del bosco, che con molta pazienza scavava all’interno per ricavarne i suoi strumenti musicali. Poi li vendeva al mercato che ogni mese si teneva nella piazza del paesino piccolo ma molto affollato. Ma un giorno accadde qualcosa di strano. Suonando uno dei suoi flauti, con grande meraviglia di tutti i presenti, ognuno di quelli che l’ascoltava ritornò bambino, e si ritrovò piccolo dentro agli abiti di adulto. Che scena, tutti ridevano e non capivano cosa stesse succedendo. Anche Sally ne fu profondamente sorpresa e quella sera tornò a casa senza dire niente a nessuno. Neppure ai suoi genitori, si coricò presto e rimase a lungo silenziosa, prima di dormire. Ma il giorno dopo qualcosa accadde. Sally camminava nel bosco, la mamma gli aveva chiesto di passare dalla zia che da un po di tempo stava male. Ecco che d’un tratto, come dal nulla, gli si accostò un’anziana signora, vestita molto elegante e con un fare gentile la salutò e gli camminò accanto. Come stai cara? Gli chiese, accarezzandola con la mano sulla testa. Bene, mia signora, e lei? Io sto anche discretamente, cara bambina mia. So che costruisci flauti, e che li vendi al mercato. Dimmi, me ne venderesti uno anche a me? Vorrei tanto imparare a suonare, nelle mie sere lunghe d’inverno, mi farei compagnia. Amo la musica sottile quando nevica, quando mi sento sola. Sally fu sorpresa da quella richiesta, pensò.. come fa a sapere di me? Poi, disse all’anziana signora che le ne avrebbe portato uno il giorno dopo e che si sarebbero incontrate nel bosco allo stesso posto. Ma la donna, dopo una lungo silenzio, disse.. voglio, quello che hai suonato ieri al mercato, quello azzurro, quello che hai fatto con il legno che hai trovato nel tuo giardino. Sally rimase ancor di più stupita da quella richiesta, perché era proprio cosi, quel legno era proprio là, per terra nel giardino di casa. Una cosa molto strana a pensarci bene. Era un legno quasi azzurro, uno mai visto prima d’ora. Allora Sally, molto spaventata da questa cosa, disse alla donna che quel flauto non poteva venderlo, era suo e non lo voleva dare a nessuno. La donna non lo prese bene questo suo rifiuto. Ci vediamo domani, disse, portami il flauto azzurro ti prego, e sarai ampiamente ricompensata. A domani disse, e sparì, cosi come era apparsa. Sally torno dalla visita alla zia che era un po turbata, appena entrò nella sua stanza, prese subito il flauto azzurro e lo guardò attentamente. Sembrava un flauto come tanti, come uno di quelli che lei era solita fare, poi si sedette sul letto, e con calma cominciò a suonare. E vide, con sua grande sorpresa, come delle lucine colorate che si sprigionavano dal flauto, lucine che fluttuavano nell’aria e sembrava come se danzassero. Lei ne rimase affascinata e ripensò a quello che era successo ieri al mercato. E se fosse un flauto magico? Pensò.
La cosa la eccitava, e d’un tratto non sapeva veramente più che fare. Venderlo alla signora del bosco? O nasconderlo, in qualche luogo segreto, dove nessuno lo potesse trovare? Visse quel pomeriggio con la testa tra le nuvole, e coi pensieri, tornava spesso nel bosco. Pensava a quella donna misteriosa, epensava di non andare a quell’appuntamento. E mentre pensava, ai bordi del letto, senza neppure accorgersi si addormentò. Sognò tutta la notte, sognò di strane creature con corpi esili e trasparenti, li vide danzare nell’aria, e vide se stessa con il flauto in mano e si vide mentre danzava con loro, e suonava.. danzava e suonava.. fino al mattino sognò, e fu meraviglioso. Il mattino dopo, si alzò di buon ora e dopo aver fatto colazione, marmellata e burro, come sempre, si avviò con il suo flauto per la strada che conduceva in paese. Una strada solitaria, che tagliava in due un bellissimo campo di papaveri rossi. Sally saltellava, era allegra e con i pensieri che ancora svolazzavano nei sogni della notte. D’un tratto, intravvede un gruppo di ragazzini che chiacchieravano animatamente e avvicinandosi chiese cosa fosse successo. Ma come, non lo sai? Fino a ieri eravamo adulti e avevamo ognuno la nostra vita, poi quella ragazzina al mercato (Nessuno di loro si ricordava di Sally) quella che ci trasformò in fanciulli. E adesso? La cerchiamo disperati, vogliamo tornare com’eravamo prima, vogliamo le nostre mogli, i nostri cavalli. Guardaci, adesso siamo solo dei piccoli mocciosi e nessuno ci crede, dobbiamo trovare quella bambina del flauto e ritornare come eravamo. Tu la conosci? Sally fece cenno di no e si allontanò non poco preoccupata. Si sentiva responsabile e non sapeva come rimediare. Tornò a casa e rimase pensierosa, sdraiata sul letto a guardare il soffitto. Una mosca ronzava, da un lato all’altro della stanza, fino a quando gli si balenò in mente un’idea. Una cosa improvvisa. Saltò giù dal letto e si mise in fretta sulla via del bosco. Era già pomeriggio inoltrato, portò con se il flauto magico e lo nascose bene nella piccola borsa che lei stessa aveva cucito nello scorso inverno. Si diresse nel luogo dove aveva incontrato la donna sconosciuta e attese con pazienza che arrivasse. Attese fino a quando il sole si fece sempre più intenso e basso dietro agli alberi, e l’aria si era profumata di muschio e di cortecce di pini. D’un tratto qualcosa si mosse tra i cespugli, e si senti come dei passi che si avvicinavano. Era lei, la donna misteriosa. Vestita di nero, in un abito molto elegante e semplice. Aveva i capelli lunghi e biondi ed erano legati a coda di cavallo. Subito le sembrò più giovane, come se fosse tornata indietro negli anni.
Aveva un bel sorriso, come i sorrisi delle donne che hanno sofferto molto, come quello di sua madre. Eccoti qui, disse, felice che sia venuta, sapevo di potermi fidare. Hai portato il flauto? Molly non rispose.
Si alzo dal masso dove si era appoggiata e con fare disinvolto le chiese cosa c’era di tanto speciale in quel flauto che lei stessa aveva costruito. Di speciale? Disse la donna sorpresa. Ma non lo vedi cosa è successo l’altro giorno al mercato? Tu l’hai suonato e alcune persone sono tornate bambini.
Ti sembra logico? Il legno da cui l’hai tratto proviene da un albero fatato. L’albero della vita e del bene e del male. Io lo chiamo l’albero azzurro. Le fate ne sono le guardiane e io sono una di esse. Ogni mille anni, una di noi può tornare bambina se riesce a costruirsi un flauto da quel legno azzurro, oppure, se lo fa fare per mano di un’anima pura e gentile. Io ho scelto te che abiti ai margini del bosco. Ho messo apposta quel legno nel tuo giardino, sapevo che ne saresti stata affascinata. Hai fatto un flauto magico mia cara bambina e la leggenda dice che chi riesce in questo un giorno sarà anch’essa una fata. Una come noi, come me. Molly rimase a guardare senza neppur dire una mezza parola, poi si scosse, e riprendendo fiato le chiese il suo nome. Io sono Malinda, la fata più anziana di tutte le altre fate e vorrei che tu potessi capire quanto importante possa essere per me quel flauto azzurro.. Dove l’hai messo? L’hai portato con te? Dimmi di si ti prego. Allora Molly mise la sua mano nella borsa e lo tirò fuori. Malinda lo prese in mano, chiuse gli occhi e disse... suonalo per me Molly, ti prego. Suonalo per me. Molly non se lo fece dire due volte e con fare delicato, lo portò sulle labbra e gli soffiò dentro. Le sue dita danzavano sui fori, sembrava che sapessero dove e come andare. Ne venne fuori una dolcissima melodia e subito dopo delle piccole luci che si diressero subito verso Malinda. Anche loro, al passo di danza la circondarono, fino a coprirla. Sembrò che quasi sparisse in mezzo a loro, e poi d’un tratto, qualcosa avvenne. Molly avvertì come un tremore e una dolce sensazione di leggerezza. Dal vortice di luce, che lentamente di dissipava, emerse una figura di fanciulla, vestita di bianco. Le sembrò di riconoscerla e seppe d’un tratto che si trattava della fata bionda che era tornata bambina. Mostrava un volto sorpreso, un volto di meraviglia, si guardò le mani, cosi piccoline e con quelle si accarezzò il viso... è successo, disse con grande sorpresa... è successo. Sono tornata bambina, sono tornata. Molly la guardava e non osava dire parola. Sentiva sempre quella sensazione di leggerezza addosso, ed era piacevole sentirsi cosi. Malinda, disse, sei proprio tu Malinda? Si, rispose lei... sono Malinda. Sapevo quello che sarebbe successo, ma viverlo è altra cosa cara Molly. E adesso? Disse Molly, che non sapeva proprio cosa dire. Vieni con me, disse Malinda, ti mostrerò l’albero azzurro e sarà un segreto che a nessuno dovrai mai rivelare. Sei pronta? Molly non sapeva cosa dire, ma poi, come senza pensare disse si... sono pronta, anche se tutto ciò mi fa un po paura sono pronta. Malinda la prese per mano e si avviò con lei nel bosco, per una via che Molly non conosceva e non sapeva neanche che esistesse. Camminarono sotto alberi altissimi, e attraversarono prati di papaveri rossi come il fuoco. Molly pensò per un attimo a casa e provò una profonda nostalgia, un senso di smarrimento che non conosceva affatto. Malinda la guardò negli occhi e le accarezzò il viso. Non temere, sei con me, non temere Molly. Io sono con te, non temere. Erano arrivate in una radura, che si aprì davanti ai loro occhi come un improvviso fascio di luce. Melinda si fermò e con un gesto della mano, come a disegnare un arco nell’aria, si fece spazio tra i cespugli e sorrise. Siamo arrivate, disse, e scesero giù per un piccolo pendio e si trovarono davanti ad una cascata. Al lato di essa, su un prato, c’era questo albero bellissimo e alto. Era azzurro, e possedeva dolci rami che si intrecciavano dolcemente verso il cielo. Con grande stupore Molly lo guardò, e alzò il suo sguardo in alto, fino alla cima. Era altissimo e a guardarlo si provava un senso di pace, di serenità. Anche Malinda rimase cosi a guardare e le due bambine guardarono in silenzio, con il viso all’insù e in silenzio. Malinda, chiese Molly, come mai non ha nessuna foglia? Siamo già in primavera inoltrata... è bellissimo ma spoglio. Malinda per un momento rimase pensierosa, e poi disse, con voce calma di un’adulta, di una persona matura, questo albero non è come tutti gli altri alberi, cara Molly. Noi fate ne tramandiamo la storia che risale al tempo antico, ma cosi antico che nessuno sa più quanto. Venne dal cielo, e in quel tempo venne come un piccolo seme di luce. Cadde qui e riposò per molto tempo nella terra, fino a quando non giunse il suo di tempo. E allora quel seme germogliò, e dopo un po di tempo la piccola piantina ebbe le sue prime foglie. Che caddero al suolo subito dopo la loro germinazione. Ma da ogni foglia nacque una creatura umana, un esserino che seppe già camminare. Ogni foglia ne diede alla luce uno. E furono tanti. Tanti e molto diversi tra di loro. Dopo tutto questo si allontanarono da qui e non si ricordarono mai più di quanto fosse successo. Poi arrivammo noi, le fate. Qualcuno, che venne dal cielo, ci disse di custodirlo come la cosa più preziosa. E noi restammo qui da allora. Ogni mille anni una di noi può tornare tra gli uomini, ma solo se riesce a trovare una fanciulla che da questi rami trae un flauto e che lo sappia anche suonare. E questa è la storia mia cara Molly. Ora sai tutto. Ora potrai tornare a casa. E tu cosa farai? Chiese Molly a Malinda. Tornerò ad essere come voi, troverò una casa e abiterò con voi. Diventerò adulta e invecchierò come tutte le persone. E morirò un giorno, cara la mia Molly. Morirò felice. Vieni, dobbiamo tornare a casa. I tuoi genitori saranno già preoccupati non vedendoti tornare. Torniamo a casa Molly. Il flauto resta qui. Lo prenderanno le altre fate, lo lascerò a loro. E loro lo suoneranno, e ogni volta che succederà io le sentirò cantare. Ovunque io sarò le sentirò cantare e le sentirai pure tu cara Molly. Il flauto ci unirà per sempre. Fu cosi che Molly divenne adulta e ogni tanto, qualcuno senza capire la vedeva particolarmente felice. Anche Malinda divenne adulta e si sposò. Molly provò diverse volte a ritrovare la cascata dove c’era l’albero azzurro, inutilmente. La foresta era cosi grande e cosi immensa. Ma nel suo cuore rimase tutto. Anche il ricordo di Malinda e delle sue fate. E qui finisce la storia. Ma non la vita. La vita ricomincia sempre, come i racconti fantastici che sorgono nel cuore. Alcune sono storie vere e altre sono solo fantasia. Ma a noi non è dato di sapere. Non siamo fate noi, anche se abbiamo un cuore bambino, un sogno vero, un posto lontano dove tornare.