Saran polvere di stelle su vernici di un imbianchino a rinfrescar le pareti
un profumo di muffa, pittura e la naftalina sulla biancheria mai indossata
sempre ben sistemata in valigia per un ricovero urgente
"Non si sa mai"
Un’ immensa pianura di deserto in lei abitava la mente
la polvere del vecchio dava spazio, alle sue mani stanche
lasciandone colori di un tempo lontano
in lei albergavano parole antiche, usate come poesie labiale
(U Bizziali, A Culunnetta, U catusu, A Cuttunina, U Favalari)
impiastricciata da sughi e polli da spennare
vederla pulir le interiore fra melma e penne sparse per casa
dentro il grembiule a mò di secchio
l’ acqua tirata dal pozzo col secchiello
e l’ anguilla che la guardava con gli occhioni giù in fondo
acqua che non ho mai bevuto,
lo chiamavan il pulitor d’ acqua
Era un albero mia nonna,
alta, robusta e capelli lunghi racchiusi da una treccia color d’ argento vivo
dal pettine raccoglieva quei ciuffi bianchi.
li conservava con cure per venderli
e far cambio in un piccolo oggetto di plastica
parlava sempre a ritmo snervante del figlio lontano
in terra straniera e gli altri due figli non li nominava mai
lor varcavano i mari e le onde per ben dodici mesi l’ anno
e mia mamma l’ unica femmina fu consegnata alla zia,
troppe bocche da sfamare
Dell’ orco nero aveva tanta paura, la fame era stata dura per lei
il marito non piaceva lavorare e per campar andava a stirare
come le rose al vento, volano e si spezzano e si frantumano
un figlio le è volato in cielo e il marito pure
aveva due galline dalle uova d’ oro
e sull’ amara traccia di una vita di stenti si trasformò in avarizia
e braccio corto
sempre stanca era, con le gambe gonfie ed infreddolita
preparava da mangiare per una caserma, eran solo in due
da un chilo di carne, venivan fuori quattro polpettoni
e poi il riso e piselli, la sua ricetta preferita
bastava per un anno intero
polli ripieni ingozzati e cuciti con filo e ago,
patate fritte tagliate in quattro, il quattro il suo numero perfetto in cucina
or che ci penso, povero nonno mio, per questo aveva una pancia così grassa lui
bassino di statura, doveva mangiar per otto
poi il caffè non mancava mai, la moka sempre pronta,
già dalle cinque di mattino, fino a sera
anche i cardellini in gabbia, lo assaggiavano col biscotto
biscotti di mandorla, cioccolata al latte, banane, arance e pere
in una grande cesta di vimini, veniva nascosta sotto il letto
ed io monella chiedevo... nonna mi dai un biscotto?
e per tutta risposta lei mi diceva, non ne ho nipotina mia
come cappuccetto rosso, io sapevo già dove erano e li rubavo
e giù di lì grida, rimproveri e mandata a casa
non era cattiva poi tanto la mia cara nonna
era tanto buona lei
ma non voleva darmi nulla, buttarli si, maceri e disfatti ma dare mai
dalla vita non aveva avuto nulla, ed or che aveva ottenuto qualcosa
guai a toccarle, severe, austera e un pò tantino dispettosa e cattivella
col suo grande nasone da birichina
si faceva sempre perdonare con un sorrisino da bimba
a mia nonna materna Lucia e nonno Francesco
“ Vi ho voluto bene”
A volte dormivo con lei,
il suo letto era altissimo erano quattro materassi di lana
dovevo usare la sedia per salirci
N. B.
Farmacista, Comodino, Vasino da notte
coperta di lana il grembiule