Una fanciullina quasi terrorizzata dalla nuova vita in questo sperduto e dimenticato villaggio.... I suoi occhi, allora, traspiravano un inquieto sentimento di melanconia, un non so che di nostalgico misto a un lontano strale di speranza; e andava a raccontare quella sua esistenza che, trascorsa in una piccola città, era ancora breve e immacolata, oppure semplicemente fragile come una foglia di primavera nel bel mezzo di una tempesta: come poteva resistere alla pioggia scrosciante, alle urla feroci dei tuoni, alla furia dei lampi e alla grandine, così correva il pericolo di staccarsi dal ramo, di precipitare in una pozzanghera o nel fango, e di morire. E chi mai non è stato fragile da bambino?.... Ebbene, una fanciullina che giuocava a correre intorno a un vecchio tronco, e che era sorvegliata da un uomo, sicuramente il padre.
Una fanciullina! Così se la ricordava il Signor Rodolfo, giovine maestro di scuola che, ogni giorno dei mesi scolastici, passando per irti e sassosi sentieri di montagna, doveva scendere dal villaggio di O. fino alla cittadella sottostante. Lo sguardo sopra la via; gli occhi a contemplare le nebbioline del Gheridone. Una fanciullina allora insignificante come la comparsa del più inutile degli araldi in più di una di quelle Tragedie che egli aveva poi letto... una femminuccia, sì... carina, gentile, bella, con i suoi modi diggià cittadini... ma pur sempre una femminuccia. Non che odiasse le donne, s’intende; ma Rodolfo non comprendeva bene e non comprese questo strano e bizzarro mistero per cui per ogni specie vi sono il maschio e la femmina... anzi, tutto ciò lo imbarazzava anche. Del resto l’assillo della sua vita fu questo: "Perché esisto? e perché son uomo?".
Sia chiaro, ai tempi egli stesso era un fanciullino; e come tale, innocente, fragile e immacolato. Eppure sentiva un non so che di spirituale così come qualcosa di erotico dinnanzi a una donna; e tutto ciò lo turbava. Forse, di fronte a questa pargolina, si sentiva spinto da qualche forza soprannaturale e sovrumana a un mondo di Angioli, di Cherubini e di Ideali; e, nonostante ciò, già immaginava come potesse essere questa bambina una volta cresciuta: la fragranza dei suoi capelli lisci e corvini, sì, quei capelli che sognava di baciare o dei quali immaginava sciogliere ogni piccola treccia; la sensualità dei suoi occhi; la bellezza di quel petto contro cui il cuore prima o poi avrebbe dovuto battere cadenzato da palpiti di spirito e di carne... e chissà, forse quegli istinti sarebbero stati spesi e spremuti proprio per lui! No! no! Che vergogna pensare e immaginarsi queste cose! Perché mai rendere immonda la fanciullezza spensierata con queste immagini peccaminose?....E poi la fanciullina, in fin dei conti, in merito a certi vivi campanilismi, era una estranea... una straniera. Benché fosse ella pure del Regno che s’era appena, appena formato, benché l’accento fosse chiaramente di quelli che tuttora si ritrovano nella parte più alta del Piemonte e che molte persone un po’ più meridionali prendono sovente in giro, e benché arrivasse soltanto da quella cittadella che stava circa sei miglia più sotto, ebbene, ella era come una straniera... come se fosse arrivata dalla Svizzera, nemmeno quella del confine, ma quella del nucleo più teutonico.
Giuocarono... sì, di questo Rodolfo si ricordava; e si rimembrava altrettanto attentamente che la fanciullina aveva espresso il fatto che si rendeva conto di essere un’estranea, una da evitare... una con la quale tutti avrebbero giuocato ma senza legami profondi e indistruttibili. Probabilmente, se fosse stato un fanciullo avrebbe spesso richiamato qualche monello dalla città e avrebbe fatto a botte con questi zoticoni di paese... Rodolfo compreso. Probabilmente, il futuro maestrino avrebbe agito in tal guisa; anche se, in realtà, non era proprio quello giusto per fare a pugni con qualcheduno. Giuocarono, sì... ma dopo quella volta, dopo quella sera di fine agosto, in cui da entrambe le parti serpeggiavano numerose le preoccupazioni per la scuola ventura, dopo quei piccoli momenti di svago e di tensione, non si rividero mai più. Almeno, con il senno di poi e con i più dolci e amari ricordi, Rodolfo pensava che non la avrebbe mai più rivista. Ora che si sbagliava, però, ora che aveva riconosciuto questa fanciullina in una giovine donna che tutto d’un tratto gli era apparsa in mezzo a’ libri e con la quale aveva intessuto brevemente degli elogi ai volumi del Signor Nievo, queste ricordanze gli tornavano in mente tempestose, turbinose... come Furie inesorabili slanciate alla caccia da un Destino non meno misterioso e fors’anche crudele... come se tutto, fin dall’inizio, ossia fin da quell’incontro fanciullesco, fosse stato scritto... scritto a caratteri leggibili per Dio, certo, per un uomo un po’ meno.
In ogni caso a Rodolfo sembrava quasi che quella volta, quella sera di fine agosto, la Vita stessa gli si fosse presentata e gli avesse destinata come compagna e sposa quella fanciullina... quella donnicciuola che adesso gli stava di fronte, e che andava ad accennare discorsi su libri e poesie. Che bellezza! Che maraviglia! Ella conosceva molto bene i versi de’ bardi inglesi e gli consigliò di leggerne qualcuno; e quasi per incanto, gli parve che ella sapesse bene delle sue inclinazioni poetiche. Sì, quella sera turbolenta d’una passata e lontana estate, era interesse... era amicizia... era Amore il silenzio che intercorse tra i due bambini, ora cresciuti e ora di fronte l’uno all’altra, forse pronti e destinati a un abbraccio inesistente, a una dichiarazione fatta di mute parole. Cosa dissero e cosa avrebbero potuto dire i loro occhi in quei nuovi momenti di riscoperti legami mai esistiti, di forzato Destino, oppure, di Fatalità che li forzava nella morsa sua furiosa, nelle sue fauci dissacranti e demoniache, contrarie a Dio! Cosa disse Rodolfo con il suo sguardo, e cosa ne avrebbe potuto comprendere la giovine donna!.... E tra una piccola e breve critica letteraria e un’altra, il maestrino faceva scorrere fugacemente lo sguardo alle mani della fanciulla, analizzandole ogni dito... in cerca spasmodica e patetica, probabilmente grottesca e ridicola, di qualche pegno d’Amore altrui, d’altrui onore o impegno... d’un anello. Egli, infatti, non si sarebbe mai perdonato di amare una donna già impegnata.... Ciò, pur involontario e nato da ignoranza, sarebbe stato adulterio, un gravissimo peccato dinnanzi a Dio... e Rodolfo aveva molta fede in Dio.
Il prete del villaggio e molti compaesani, non a caso, lo vedevano forse in vesti talari... a entrare in seminario, a consacrarsi. Così anche la Signora M. la proprietaria e l’ostessa della locanda in sulla piazza, quella vicino alla chiesa, dove se un giorno vi fossero capitati de’ carabinieri, più di mezza vallata sarebbe finita in prigione, tanto quel luogo era colmo di que’ contrabbandieri i quali, giurando con noncurante blasfemia sulla Madonna del Sangue, si figuravano immense imprese oltre i confini. Così perfino il Signor C., un vecchio energumeno di più di ottant’anni, un gigante, diciamo, un contrabbandiere in congedo, il quale maravigliava sempre i giovinetti con la sua incantevole maestria nel maneggiare con semplicità e senza fatica tronchi per i quali la recluta più forte e prestante, al contrario, avrebbe palesato un certo imbarazzo. Ma Rodolfo, silenziosamente, senza rimostranze a costoro, o semplicemente pensando senza riscontro alcuno che queste persone stessero macchinando questi pensieri, non ne voleva poi sapere. Quante inclinazioni aveva all’Amore tra l’uomo e la donna! Quanti passati e sprecati ardori platonici! Sì... un po’ gli dispiaceva non essere chiamato da Dio all’altare o al monastero. Si figurava, infatti, che la via della Consacrazione fosse la migliore per la salvezza, per farsi salvare... aveva questa malsana idea per cui un religioso, quando adempisse con semplicità a’ suoi più minimi doveri, sarebbe sicuramente salvo. Ma non aveva questa vocazione; e in fin dei conti, andava bene così. E ora la sua inclinazione all’Amore iscoppiava prepotentemente ancora una volta nella sua vita.
Infatti, quella fanciulla, quel nuovo incontro gli rimasero così impressi nella sua mente che ormai tutto ruotava intorno a questi. I suoi sogni, i suoi desideri orbitavano intorno alla giovinetta sua; i suoi respiri erano davvero respiri se degni di essere sprecati per lei... di essere consumati per sognarla di tenerla a braccetto per le vie o del villaggio o della città, di attenderla furtivamente nel crepuscolo vicino a un bosco, e contemplare con lei la bellezza del tramonto... la melanconia di quelle tinte che invadono il cielo quando il sole decide per natura di essere stanco di alluminare questa parte di mondo, e fugge altrove, pur rimanendo fermo... inesorabile, al centro di un piccolissimo e insignificante sistema... di un sistema, sì, Dio l’ha detto, che non è niente davanti all’Eternità... è pur tutto davanti a un uomo solo, ma poco di fronte a un uomo che stringe a sé la propria donna. Oh potenza dell’Amore! E Rodolfo appunto sognava... sognava il tramonto, l’Universo raccolto in un abbraccio... Iddio che si manifesta nella sua Divinità in un bacio e dice "Adoratemi nell’Amore, oh amici mortali! Accoglietemi nello schiocco silente delle labbra che si incontrano per manifestarvi, l’uno con l’altra, quel tutto me stesso che nascostamente è sempre stato ne’ vostri cuori!".... Sognava, ma non agiva! Sperava, ma non combatteva!
Così passò un giorno... una settimana... un mese. Passarono i mesi. Ogni pomeriggio, ogni sera venivano da lui sprecati a cercare volontariamente un incontro... un finto incontro casuale con l’oggetto de’ suoi santi desideri: e passava vanamente per la sua via, e l’attendeva vanamente per i sentieri sui quali ella moveva spesso i suoi passi, e l’attendeva di nuovo indarno presso i libri. Nulla! Niente! Lo sforzo era vano... era una Vanità assoluta.
"L’ho perduta! L’ho perduta!" allora esclamava sovente ne’ più tetri e velenosi momenti di sconforto e di disperazione... "L’ho perduta!" continuava a dire e a ripetere, i suoi pensieri rivolgendo verso questa persona che, in realtà, non ebbe mai. E si disperava... e a stento fermava le lagrime agli occhi."L’ho perduta!" così diceva, dopo che una volta la giovinetta si era ripresentata in mezzo a’ libri, ma non si trattenne più di tanto, anzi, fuggì quasi subito via indicando come cagione di tutto ciò l’incomebenza di un oneroso impegno.
"L’ho perduta!" ripeteva "Del resto non è stolida, se ne sarà accorta... e non vuole aver nulla a che fare con me"... e mentre sussurrava a sé queste parole, ispirato da una forza occulta, divina o demoniaca che fosse, iniziava a scrivere - e scrisse - poesie profonde, versi in uno stile romantico che la gente eletta avvicinava a Leopardi e che avevano come tema la Gioia... la Gioia di amare, di sognare... di soffrire per tutto questo. Ma non era davvero tutto! Ora Rodolfo le scrisse una lettera - che avendola nervosamente e stupidamente gettata in uno di que’ sentieri da entrambi percorsi, a lei non pervenne mai - in cui si complimentava con lei per certi suoi dipinti ritraenti la bellezza e la serenità della Natura, nelle sue ripetute e sempre belle stagioni; ora si immaginava che ella sarebbe ritornata e allora, quando questo fosse accaduto, sarebbe stato bello metterle un’altra lettera più intima... d’Amore all’interno di un libro, consigliargli quest’ultimo... darglielo e, che Dio ne sostenga! E, ancora, non era tutto....
"Me ne impipo se a settembre inizia la scuola", "Al Demonio i mocciosi e gli ignoranti!", "Mi butti pur fuori a calci un qualche ministro", "No! No! Impegnarsi per cosa?", "E se mentre insegno, proprio in quell’istante, diavolo! ella passasse finalmente dove l’ho sempre attesa?"... queste erano frasi che ultimamente diceva tra sé, e in cuor suo aveva pure propositi di trascurare il mestiere. Rodolfo! Un tipico e proverbiale inetto a vivere... non uno scansafatiche... non uno di quelli che scaldano la propria sedia alle spalle di altri; eppure un pazzo... un folle che si ripeteva che, alla fine, il lavoro non conta niente se non si ha l’Amore. "Venga l’Amore e poi venga il lavoro"... il primo serve per vivere, il secondo per il pane. "Quale de’ due è il più importante?". Oh! Certamente tutt’e due... ma un inetto questo non lo sa. In realtà, tale inetto non sa bene che è inutile sfidare il Fato, combattere contro di esso... altrimenti sarebbe un po’ presuntuoso, un po’ come se si stesse sfidando a duello il Demonio in persona, come se, ignorando la Croce di Cristo, si volesse conciare per le feste questo grande Accusatore... farlo a pezzi, con le proprie mani; e dire prima a se stessi poi a Dio "Ecco! Il Diavolo giace trafitto a’ miei piedi!".... Oppure, sarebbe come se si stesse ergendo una spada minacciosa direttamente a un intervento della Provvidenza la quale, tante volte, è solita usarsi del Male per correggere l’uomo e riportarlo sulla buona via. No! L’inetto non sa queste cose... è una specie di mellifluo e contraddittorio egoista aperto all’Altro e alla nullificazione di se stesso... un narcisista all’incontrario... uno che non vuole godere di soffrire eppure si mette nella situazione in cui si soffre e, allora, un po’ gode non dico di provare sofferenza ma di essere capace di non rifiutarla.... E Rodolfo, appunto, era un inetto!
Poi cosa dire? Nella sua inettitudine si sentiva anche un miserabile provinciale: sarà stato un maestro, un poeta... ma rimaneva uno stolto abitante di una terra montuosa e sperduta, fuori del mondo e della sua storia. Come poter tessere durature relazioni con una persona che, invece, da’ suoi discorsi, traspariva aver veduta l’Europa, le grandi città... l’Inghilterra! La giovine donna, infatti, era stata ad Albione; e lì, Rodolfo la immaginava contemplare le grandi opere letterarie de’ vecchi e nuovi bardi, o inchinarsi lievemente e con grazia dinnanzi al passaggio della vecchia amata Vittoria e del seguito suo che, nella vecchiaia, la sorreggeva, oppure tener salotto da qualche Lord, accanto a un’infinità di diversi sapori di Té. No! non poteva minimamente stare vicino a una persona così aperta, europea... acculturata; una persona che, se avesse ella voluto, avrebbe fors’anche fatto dell’insegnamento e della poesia di lui una totale, completa... assoluta maceria... una rovina. No! se Rodolfo fosse stato con lei, le avrebbe certamente rovinata la Vita... l’avrebbe quasi costretta, anche involontariamente, nel silenzio dell’Amore, a un’esistenza ancorata a un villaggio di due capanne e una chiesetta... alla piccolezza di un mondo sconfitto dalla contemporaneità e dal progresso... alla sua visione poetica e bucolica oramai sulla via del tramonto. No! la fanciulla aveva bisogno di incontrare un uomo di città, un grande finanziere, un ambasciatore... o un impresario... un che da Milano l’avrebbe poi portata nel cuore di Parigi, di Londra, di Vienna... di Berlino, che la avrebbe fatta conoscere ne’ migliori salotti... per i più prestigiosi e nobili palchi d’Opera. Oh! se questo fosse accaduto! La giovine donna avrebbe potuto acculturarsi ancor di più, coltivare maggiormente qualche vena artistica, e riscoprirsi tra le più alte sfere che reggono l’Umanità!.... No! Rodolfo non poteva fare tutto questo tant’era piccolo e insignificante dinnanzi alla grandezza del mondo e de’ suoi uomini!
E poi... tutto quell’argomento scandaloso e fonte di vergogna: i sensi, il loro appagamento! Che fare? Non si è soltanto di spirito! Da una finestra, di notte, traspare un fioco lume. E Rodolfo sa che in quella dimora abitano due nuovi sposi. Se la immagina: una finestra un poco aperta, l’oltre di quello che protegge nascosto da piccole tende; la gaiezza di due sguardi che si osservano naufragandosi l’uno con l’altro; i respiri frementi... agitati, i sospiri; parole sussurrate alle orecchie solleticate da reciproci piccoli, impercettibili morsi; petali di rosse rose al centro delle candide lenzuola; il conflitto di due Anime unite da Dio e separate da due corpi... il gentile scontro di questi ultimi... se ne va la purezza, se ne va l’Amore... Cristo di nuovo è crocifisso... è crocifisso sulla nudità di questo Adamo e di questa Eva... e attende... attende in Croce che possa risorgere da un germe... dal ventre di una donna che perderà il suo nome per farsi chiamare madre... e Cristo risorge... e poi? Tutto si ripete, ricomincia... muore di nuovo crocifisso sopra i vermi di un sepolcro. Oh Umanità! Oh Umanità! lo crocifiggi sempre questo tuo Dio! E allora, "Allontanati, Satana! Allontanati, Satana!". Rodolfo si concentra... fa un grande respiro, butta fuori il Demonio e torna a concentrarsi sul mestiere. Addio, Amore, per sempre! Addio, gaia felicità d’amare! Vengano gli impegni... la fatica... il sudore.... l’Amore è sconfitto! Un giorno, dopo queste tempeste, il maestrino stava camminando in città, placido... sereno. Usciva da scuola; e la lezione da lui impartita ai monelli doveva essere andata bene. Nonostante tutto, lui sì che si impegnava, mica come altri... veri scansafatiche!
A un certo punto, lungo una via, incontrò la giovine donna. Un sussulto lo irrigidì... il suo sguardo, il suo corpo... tutto di lui, anche se continuava a camminare, pareva immobilizzato... intorpidito... i suoi rigidi occhi cercavano di guardare in alto... in alto, in cielo.
"Buongiorno, Rodolfo!" gli disse la fanciulla.
"Buongiorno!" egli le rispose con la freddezza di un impiegato che fa vedere i precisi, infallibili conti della giornata al proprio capoufficio.
Egli tira dritto, non riesce nemmeno a volgere un mezzo sguardo per guardarla; ella non sembra poi così tanto colpita... accenna a un sorriso, poi prosegue... proseguono entrambi, per parti opposte. Il cuore di Rodolfo piangeva... ma egli non se ne accorse. Prese soltanto coscienza che un’ignobile marea oceanica di imprecazioni represse e mai dette gli scendevano dalla testa, pronte a uscire di forza dalla bocca e a scandalizzare ogni cosa. Ormai la Vita si era drammaticamente separata da lui, ormai era nell’Anima più morto che vivo; e per un’altra definitiva volta, la fanciulla per la quale distillò sogni, desideri e speranze divenne nient’altro che una comparsa... la comparsa di una Tragedia umana per cui Iddio stesso prova un’infinità di dolore.