- Timoteo sta lustrando la sua bicicletta -
- E ha messo in fila le sue bellissime automobiline -
- E ha esposto anche l’ autotreno con rimorchio -
- Certo che sono belli i giocattoli che ha. In tanti anni che sono qui non ne avevo mai visti di uguali. -
- Però, è strano! Ha tanti giocattoli ma non li usa. Li guarda e li spolvera soltanto! -
- Fatevi gli affari vostri!” rispose Timoteo.-
Le case parlavano. Non avevano niente da fare, e così passavano il tempo osservando tutto ciò che avveniva nel Buco, il luogo dove si trovavano. Ma, all’ infuori di Timoteo e dei suoi giocattoli e di alcuni gatti randagi, c’ era ben poco da osservare, perché erano quasi tutte disabitate.
Timoteo amava i suoi giocattoli e trascorreva molto tempo con loro. Di solito li allineava sui gradini davanti alla porta, e li passava in rassegna per vedere se fossero tutti in perfetta salute. I bambini, si sa, hanno una sensibilità particolare e sanno entrare in comunicazione con un mondo che gli uomini, invece, hanno completamente dimenticato. Così, Timoteo, a forza di stare lì fuori di casa tutto solo, incominciò a sentire delle voci, insomma si accorse che le case parlavano e che spesso parlavano di lui. E qualche volta rispondeva, ma questa non era una cosa brutta, anzi, bellissima. Scoprì anche che le case avevano un nome. La sua si chiamava Zelinda, ma era l’ unica che non prendeva quasi mai parte alla conversazione perché, essendo abitata, era tutta intenta alle vicende che avvenivano dentro. Poi c’ erano Adelina, Iole, Caterina…
Un giorno, verso la fine di luglio, arrivarono quattro fratellini scalmanati. Erano venuti dalla città in villeggiatura in una di quelle case e subito il Buco si era riempito di grida, di risate, di scalpiccii sulle pietre. I gatti, spaventati, fuggirono atterriti. Insomma la vita nel Buco cambiò completamente, perché le grida e i giochi cominciavano alle 9 di mattina e finivano alle 21 di sera. Dodici ore di rumori non si erano mai avute in quel luogo. Le case erano contente, sembrava loro di essere ritornate ai bei tempi antichi, ma Timoteo non si rallegrò. Ebbe un bel da fare per tenere lontani i bambini dai suoi giocattoli.
- No, no e no! Mi si rompono!- Diceva parandosi davanti ai suoi tesori come per difenderli.
-Ma sei cattivo – piagnucolava Michele- Noi ti facciamo giocare con i nostri!-
-I vostri sono tutti rotti, teneteveli! Io gioco con i miei, da solo!-
Alla fine i bambini lo lasciarono perdere e non gli rivolsero più neanche la parola, e Timoteo li osservava tutto imbronciato.
Le case sospiravano e, di notte, quando tutti dormivano, parlavano.
- Ma che brutto carattere ha questo bambino!-
- Quanto è antipatico!-
- E’ viziato, gli regalano troppi giocattoli -
- Tutti soldi buttati. Ha messo superbia, crede di essere un principe! -
- Oh che musica - gridò il comignolo - State zitte almeno voi! E’ mezzanotte, è ora di dormire. Non c’è più pace in questo Buco!-
Una mattina i bambini uscirono di casa trainando con una cordicella un semplice carrettino di legno, che, si vedeva lontano un miglio, era stato costruito a mano. Timoteo era già seduto accanto ai suoi smaglianti giocattoli e, appena scorse i bambini, girò subito la testa dall’ altra parte, ma, con la coda dell’ occhio continuava ad osservarli. I bambini cominciarono a trasportare sabbia e sassi
-Costruiamo una casetta – gridavano- una casetta per il gatto!- E si misero ad ammucchiare i sassi cementandoli con acqua e sabbia. Timoteo ascoltava quei bimbi così allegri e indaffarati, e poi guardava i suoi giocattoli tutti lustri e allineati sui gradini. Ad un certo punto sentì salire dentro di sé qualcosa che ben conosceva, qualcosa di spaventoso che, quando lo prendeva, non riusciva più a controllare. E quando quella cosa fu cresciuta tanto da non poter stare più dentro al petto, andò a prendere un bastone e cominciò a colpire i giocattoli con tutta la forza che aveva in corpo. Poi scoppiò in un pianto dirotto.
Accorse la mamma tutta spaventata.
- Che ti è successo Timoteo, che ti è successo?- ripeteva la mamma- mentre cercava di placarlo nel suo abbraccio.
E lo stringeva forte, ma Timoteo non si calmava- Chi ha rotto tutti i giocattoli? Sono stati i bambini? Parla! Sono stati quei bambini?-
Timoteo taceva. Gli balenò in testa un’ idea: prendersi la rivincita su quei bambini antipatici e far credere che fossero stati loro gli autori del misfatto. D’ altra parte tutto complottava contro di loro, nessuno poteva pensare che lui stesso avesse potuto distruggere i suoi giocattoli e il bastone giaceva lì a terra muto. Ma i bambini protestavano la loro innocenza e le case cominciarono a parlare:
- Timoteo, che fai? Non ti vergogni? Oseresti far incolpare degli innocenti? Ti piacerebbe che ti facessero la stessa cosa?-
- Timoteo, non fare il cattivo, di’ la verità! –
Naturalmente nessuno, all’ infuori di Timoteo sentiva quelle voci, ma lui ascoltava e taceva, mentre i bambini continuavano a proclamarsi innocenti e le mamme cominciavano a guardarsi in cagnesco. Alla fine qualcosa accadde. Quella frase“ Ti piacerebbe che ti facessero la stessa cosa”, continuava a martellargli dentro. . “ No, non mi piacerebbe affatto”- pensava- No, non mi piacerebbe”…
Prese il coraggio a due mani e confessò:
- Mamma, sono stato io, … sì, io..- e giù un altro scoppio di pianto a dirotto.
- Perché, bimbo mio, perché - diceva la mamma mentre se lo stringeva al petto.
Ci vollero diverse carezze e tante belle parole prima che Timoteo riuscisse a consolarsi. Alla fine, quando tutto sembrò tornato tranquillo, le mamme rientrarono in casa, i bambini ripresero i loro giochi e Timoteo rimase seduto sui gradini, a testa bassa, accanto ai suoi giocattoli rotti. Sembrava più solo che mai.
- Quasi, quasi mi fa pena, - disse Adelina,
- A me no, è troppo antipatico, a momenti fa incolpare degli innocenti-
- E chi è che non ha delle tentazioni, Iole?- disse Zelinda- E’ stato grande, invece, alla fine ha confessato-
- Povero bimbo, è veramente solo- aggiunse Caterina.
I quattro bambini stavano intorno al loro mucchietto di sabbia e sassi, ma sembrava che non potessero più giocare. Ad un certo punto Michele prese il suo carrettino di legno e si avvicinò a Timoteo.
- Si potrebbe attaccare la cabina del tuo autotreno al nostro rimorchio. Dai, vieni che lo aggiustiamo!-
Timoteo lo guardò ancora tutto imbronciato; si fece pregare un po’ ma poi lo seguì.
- Entriamo nel cellaio – disse Michele- lì troveremo tutto il necessario.
E nel cellaio c’ era veramente ogni ben di Dio, perché lì i bambini ammassavano tutti gli oggetti che colpivano la loro attenzione, quasi tutti rottami. Nessun negozio di rigattiere avrebbe potuto avere assortimento migliore. Per Timoteo fu come scoprire un mondo nuovo.
Dalla finestra del cellaio uscivano frasi allegre:
- Ecco, questo va bene, attacchiamocelo!-
- Ma questo non è più un autotreno con rimorchio. Stiamo facendo un treno!-
- Meglio, ci trasporteremo più roba!-
Alla fine uscirono con uno strano trenino: una serie di rimorchietti coloratissimi attaccati alla cabina di Timoteo. Le grida e l’ allegria durarono tutto il giorno e a sera, quando fu l’ ora di rientrare per la cena, Timoteo ebbe un sacco di argomenti di cui parlare.
Poi calò la notte. Tutti andarono a letto. Dalle finestre aperte uscirono sogni e ronfate.
- Che bella giornata movimentata - disse Iole
- Si, bella, ma soprattutto perché è successo qualcosa di straordinario. Timoteo era molto contento stasera-
- Era eccitatissimo, ha raccontato tutto ai suoi genitori e non vede l’ ora che venga domani per giocare con gli altri - aggiunse Zelinda.
- Che bello! Sembra di essere ritornati ai vecchi tempi, quando al Buco c’ erano tanti bambini…-
- Basta, è notte, è ora di tacere! Smettete di spettegolare!- brontolò il vecchio comignolo.
Le case sbuffarono un po’, poi tacquero, vegliando in silenzio sotto il manto stellato della notte
Vera Bianchini
29 – 1- 2008