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♦ Marina Demelas |
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L'arpa è uno strumento musicale cordofono a pizzico. Strumento di antichissima natura, nato ancor prima che alla musica venisse data una studiata impostazione fu continuamente modificato nel tempo e dalle culture. Più volte m'ero trovato in vita ad ascoltare le note che dalle vibrate corde, ripercuotevano come brividi abitando la mia schiena, mai però fui costretto a soffermarmi come il destino decise quella notte... Era tempo di ritirarmi dalla quotidianità che andava calpestando i miei nervi, così tesi da sentire il pensiero spezzarsi ogni qual volta rilassandomi ricercavo tra i miei versi. Allontanatomi dalla città, trovai rifugio in un antico borgo di montagna, freddo e desolato così distante dalla civiltà che solo a un lupo poteva darne dimora. ... L'antico palazzo divenuto dimora e rifugio per passanti, si mostrava perentorio sulle poche case che abbracciate si rivolgevano alla corte, il resto era campagna e nebbia fitta. Una finestra, grate di ferro che andavano quadrettando lo sguardo, dando alla veduta un'aria mosaica. La poca luce fiorita dalle nubi lasciava presto spazio all'oscurità. Venne la sera e decisi che era tempo di riprendere il "mio cammino". Per ore e senza sosta dedicai tutto me stesso alla mia opera così travolto ed ispirato che l'onirico viaggio mi portò a Notte fonda...
"E fu la notte che trista,
andava ricolmando ancora
Il presagio che alcun chiarore;
ne avrebbe dipinto oscura tela!
Ma ecco che il distinto suono,
andava a oscurar l'echo della natura,
a vibrare nell'aria ...Corde! Non più il vento.
Armonica eclissi, del dolce risuonar fui preda.
Ritrovandomi sperduto, ai piedi dell'Impietrito Angelo
che affranto e contorto poggiava sulla croce,
dello svuotato tumulo, nel quale spento... Caddi!".
Piena luce alle ore del mattino mi ritrovai vestito, infreddolito stanco ed impaurito. Quale demone della notte andava impadronendosi delle oscure ore, che stordenti mi accompagnarono al mattino? Impresse nella mente quelle note, mi raggelavano al solo pensiero anche adesso che non le avevo udite. Conscio di me stesso e nella lucidità del giorno andai cercando ispirazione per l'antico borgo. Mi ritrovai poco distante per un sentiero sterrato, che dalla campagna mi accompagnò ad un cimitero coperto da faggi e cipressi a sovrastare le poche lapidi. Immediato fu per me ritrovare con stupore l'Angelo di pietra sulla tomba dove la notte ero svenuto. Stavolta però nulla sembrava essere trafugato, anzi era possibile leggerne tra la scultura e la sepoltura l'epitaffio. Incuriosito lessi...
"Qui giace un eterno fiore,
dalle dorate ali disciolte dal vento.
Giaggiolo fiorito...
La ritratta voce, si abbandonò al vibrar di corde,
che mai più risuonarono. Qui riposa Iris..."
Bisbigliando quasi senza muovere le labbra, senza voce il mio sibilo ormai un sospiro che la malinconia aveva del tutto irrorato. Raccolsi la mia anima dalle sporgenti radici del faggio lasciandone scivolare le foglie ormai cadute. Angosciato mi ritirai a continuare il mio redatto. Versi che assottigliandosi mi accompagnavano ancora verso la lugubre e spenta ora della notte. Perché la notte stentava ad abbandonarmi? Perché la tetra mano andava ornando di sangue le mie storie, nascondendone il pallore di un foglio che un tempo abbandonavo a rosee ingenuità? Ed ecco ancora nel sordo silenzio del nulla, la melodiosa armonia che venne a rapirmi nell'ipnotica sequenza già vissuta... Sconfitto dalla notte..., al risveglio la mia opera era compiuta! Sconfitto mi accorsi finalmente di essere solo un ascoltatore un bardo, a cantare la notte fu la musica la Dea... L'arpa. |
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.
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