Da un po’ di tempo in qua, per salvarsi, va a nascondersi sotto le coperte, quando la parte da recitare è troppo pesante da sostenere, e là, nel buio, piange. Là può farlo, perché nessuno vede e sente.
Ma la maschera, gettata via, se ne accorge sempre e senza alcuna pietà: "Ti disprezzo. Stai cadendo in depressione", dice a quel gomitolo di carne e ossa raggomitolato in posizione fetale, che stringe le mani l’una all’altra, per confortarsi, non per pregare, perché pregare è diventato così difficile, negli ultimi tempi.
"Fai bene a non pregare", sogghigna la saccente, fuori dalle coperte, "Dio ha altro a cui pensare. Anche la storiella delle doppie orme che non si vedono sulla sabbia, perché in realtà Lui ti sta portando in braccio, è stantia, non ti pare? Sei ridicola! Hai baciato tutte le sere il crocifisso di tua madre, portandotelo al petto nel segno della Croce, chiedendogli di starti vicino, di sostenerti, di aiutarti a compiere finalmente un vero atto di coraggio. A cosa è servito? Sei ridicola!".
Il gomitolo continua a piangere, ma il più silenziosamente possibile, nessuno deve sentire.
"Che Pena mi fai! Cedere così alla paura, al dolore! Una madre! Come fai a non vergognarti? Prendi in mano la situazione, una buona volta! Caccialo via e che non se ne parli più. Hai permesso che tornasse ad ingannarvi tutti e ora ti nascondi sotto le coperte. Codarda!", incalza l’ombra saccente, l’attrice abituata a dimostrarsi forte, pronta a qualunque sacrificio, aperta alla speranza, al perdono, la stacanovista della vita, abituata a sobbarcarsi il peso del suo ruolo fino in fondo. A quale scopo, poi? Mantenere un ordine apparente, una pace che giovi alla vita familiare, all’aspettativa generale. Le cose devono pur cambiare prima o poi! Occorre crederci, anche se è evidente che i vecchi meccanismi stanno pian piano riprendendo forza e le acque, faticosamente deviate nel sicuro della diga, stanno incanalandosi nuovamente in anfratti nascosti, in attesa di riprendere uno ad uno gli alvei soliti e tristemente conosciuti.
Il gomitolo si fa il più piccolo possibile, asciuga le lacrime, invoca il nome della sua mamma, che non c’è più, le chiede un po’ di forza e di coraggio. Sa di non poter rimanere per semprenascosto sotto le coperte. Lui, il gomitolo, di forze ne ha così poche ormai! Sa anche quanto potrebbe costargli un ultimo sforzo, potrebbe strappare per sempre i deboli legami che ancora tengono in piedi il suo fragile burattino.
A quel punto le braccia andrebbero per conto loro, libere dal meccanismo del controllo. Potrebbero far male.
Il gomitolo sa tutto, ne è terrorizzato, eppure bisogna farlo: scoprirsi, abbandonare il suo rifugio da vigliacchi, accendere le luci, raccogliere la maschera, non per indossarla, ma per gettarla via, per sempre, e recitare ancora, sì, ma col volto scoperto, senza copioni, lasciando che tutta la verità aggrovigliata nel fondo del suo cuore trabocchi libera e violenta, come la lava di un vulcano che ha dormito troppo a lungo.
Coraggio! Entriamo sulla scena della vita, quella che nessuno può conoscere meglio di chi la sta vivendo.
Che strano! Gli sembra di sentire il pubblico che applaude. Sente anche il fragore di uno strappo. Il cielo di carta si è lacerato. Non si può fingere più di essere attori di un dramma che appartiene ad altri. Il dramma è tutto tuo, sii all’altezza del tuo ruolo.