Anna si lasciò cadere sulla poltrona esausta. L'ennesima litigata con Dario l'aveva fiaccata nel corpo e nell'anima. Era troppo stanca anche per pensare, così lasciava che i pensieri affollassero la sua mente, come fantasmi nella notte. Si ritrovò a pensare alla sua vita, stretta in una morsa di solitudine e di dolore. Aveva creduto che Dario fosse il grande amore che sognava da bambina, l'uomo dei suoi sogni, venuta a liberarla da un'esistenza troppo ordinaria, grigia, monotona.
A suo padre, Dario non era piaciuto fin dal primo momento, ma lei non poteva credere alle divagazioni mentali di qualcuno che non la lasciava libera di esprimersi.
Così aveva deciso di fuggire via.
Senza rimpianti aveva lasciato la sua casa, gli affetti, i ricordi. Un saluto rapido alla sua camera con il letto a baldacchino, le bambole in fila sulla prima mensola, i libri d'avventura, il portagioie di velluto rosso, i poster dei suoi idoli, il ritratto della mamma. In valigia aveva messo qualche abito, i risparmi, il diario, l'orsetto Teddy.
Un lampo le attraversò lo sguardo.
Era l 'immagine di una fiera di paese, lì, nel Molise. Una di quelle fiere con tutte quelle bancarelle, le giostre, i venditori ambulanti di panini e bevande. La piccola mano in quella forte e rassicurante di suo padre, Anna si era avvicinata al banco del tiro a segno.
“ Per la mia principessa - aveva detto il papà - vincerò il trofeo più prezioso!
Quell'orsetto di peluche, mezzo impolverato, con il pelo stropicciato che le veniva allungato dalla proprietaria del baraccone non era proprio ciò che si dice un regalo prezioso, ma per lei rappresentava qualcosa di unico e speciale. Aveva stretto quell'orsetto -trofeo al petto, e in quell'istante si era sentita davvero una principessa, per la quale il mitico Robin Hood aveva conquistato il primo premio.
Teddy, da allora, era divenuto il suo confidente, l'amico inseparabile delle sue giornate di bambina, dei primi turbamenti d'amore, delle gioie e delle speranze di un cuore che si apre alla vita.
In giugno Anna avrebbe compiuto diciannove anni.
Solo ora si rendeva conto che era troppo giovane per starsene arrotolata sulla poltrona verde erba che aveva recuperato al mercato delle pulci. Capiva adesso che era stata troppo ingenua e orgogliosa per non accorgersi che suo padre aveva ragione, e che Dario non era affatto quel principe azzurro che il suo cuore innamorato le aveva fatto credere.
Si tirò su. Un filo di rossetto, una lisciata agli splendidi capelli neri, ed era pronta per uscire. Andava incontro al suo primo appuntamento e non voleva sembrare sciatta o, peggio ancora, brutta.
“ Ma dove vado?” pensò. Quell'amore impossibile l'aveva assorbita completamente: non aveva più amici. Si diresse verso il fiume: la vita non aveva più senso per lei. Aveva commesso troppi errori per uscire indenne dal giudizio della sua anima in pena. Camminava come un automa, rimboccando qua e là i brandelli del suo mondo spezzato, che aveva lasciato fuori ogni sentimento. Si era chiusa nella sua prigione di dolore e di rancore, dalla quale non poteva più uscire, e guardava le acque livide che accarezzavano l'argine, da quel ponte troppo lontano, eppure così vicino al nulla.
Anna non si era accorta di quel ragazzo che la guardava, mentre una lacrima inopportuna, sgorgata di soppiatto da quegli occhi da gatta, le scivolava lungo il viso.
“ Tutto bene?”
Quella domanda l'aveva spiazzata.
“ Si grazie” rispose senza dare troppo peso allo sconosciuto.
“ Non deve andare proprio troppo bene, se i tuoi occhi riflettono il cielo quando minaccia un temporale e tutti si affrettano a ripararsi, mentre le massaie corrono a ritirare il bucato steso. Ecco, si vede anche un ombrello a pois. . .”
Il ragazzo non poté continuare la frase, perché Anna scoppiò in una fragorosa risata.
“ Ecco, finalmente torna il sereno!”
Divertita, Anna fissò il giovane. Indossava una polo arancio con uno spolverino verde pistacchio. Aveva i capelli ribelli color nocciola e un sorriso incantevole.
“ Mi chiamo Paolo”
“ Sono Anna. E tu sei sempre così poetico quando incontri qualcuno?”
“ Solo quando intravedo un arcobaleno che sboccia dal suo cuore. ”
“ Ci risiamo. Ma non sai essere più… normale”?
“ La vita non è mai normale” o scontata: è qualcosa di assolutamente meraviglioso, di magico, di fantastico”
Anna, chissà perché, si trovava a suo agio con quel ragazzo semplice, dal quale emanava una luce particolare. Talmente a suo agio, che finì per raccontargli tutta la sua vita, l'infanzia felice nelle campagne di Sepino, la processione in onore di Santa Cristina, la notte più lunga dell'anno, quando le campane della chiesa suonavano ininterrottamente fino all'alba.
La piccola mano in quella grande e forte di suo padre, Anna si sentiva davvero una principessa. La domenica andavano tutti agli scavi di Altilia. Nonostante ci fosse stata tante volte, Anna non si stancava mai di sentire la storia di quella città, le cui mura, le cui strade, testimonianze di una grande civiltà, facevano vibrare in volo la sua fantasia.
Poi la mamma era morta nel dare alla luce il suo fratellino, e Anna aveva inconsciamente accusato suo padre di quella perdita, che le aveva spezzato il cuore. Poco a poco i rapporti si erano incrinati, e quando aveva conosciuto Dario, aveva creduto di aver trovato la felicità.
A casa era un continuo litigare, perché Dario era considerato un poco di buono e un perditempo, e alla fine Anna era fuggita con lui.
“ Mi secca ammetterlo - disse rivolta a Paolo - ma mio padre aveva ragione. Dario si è rivelato un violento, un uomo insensibile e autoritario. Poi, un giorno, stavo tornando anticipatamente dal lavoro perché mi ero sentita poco bene e l'ho sorpreso con un’ avvenente rumena. Solo in quel momento ho compreso tutto il male che avevo fatto a me stessa e agli altri, ma ormai era troppo tardi. E' per questo che non ho più voglia di vivere.”
Anna non disse che si sentiva terribilmente sola, ma tutto il suo essere reclamava disperatamente aiuto.
“ Tu sai cosa devi fare” le disse il ragazzo misterioso.
“ Sì, lo so” rispose Anna come in trance. Poco dopo era seduta sul sedile di un pullman a riordinare i pensieri.
Il mezzo filava veloce lasciandoci alle spalle la campagna romana.
Man mano che proseguiva, il paesaggio diventava più familiare: le montagne del Matese, i prati, gli alberi, i paesini arroccati sulle alture come pietre preziose incastonate nella roccia.
Santa Maria, contrada Collemarraco, Acqua Riccia, Pilone, Brecciosa, guadocavalli, Petrilli, Redealto, Tratturo, Cantoni, Ponte delle Tavole… Li snocciolava senza rendersene conto, bisbigliando la sua orazione sull'invisibile rosario dei ricordi.
Quando il pullman si fermò a Sepino, Anna ebbe un brivido di paura. Solo un attimo, però, perché poco dopo correva a perdifiato verso la sua casa.
Eccola apparire dietro la sua curva. Non era cambiato niente. Il tavolo di legno, l'altalena, la fontana. Lì dentro c'era tutta la sua vita, i suoi affetti, persino l'ombra della mamma. Ingoiò il groppo che le stringeva la gola e picchiò.
L'uomo che venne ad aprire era un po’ più vecchio, curvo sul proprio dolore. Alzò gli occhi e restò per un attimo interminabile ad osservarle.
“ Principessa!” gridò abbracciandola, prima di essere inghiottito in un fiume di lacrime.
Piangeva, piangevano senza ritegno: le pareti, i mobili ruotavano vorticosamente attorno a quel brandello di ritrovata umanità.
“ Papà, io…”
“ Sttttt”
Non c'era bisogno di parole in quell'animo senza tempo, che aveva cristallizzato il tempo e il dolore.
In quell'affetto ritrovato c'era tutta la gioia del mondo. Stretta a suo padre, Anna non aveva paura di nulla.
“ Ti ho pensato ogni giorno, ogni ora, ogni attimo della mia vita.”
“ Lo so, ma l'ha detto un angelo”!
Nel cielo era apparso un arcobaleno.
“ Strano- pensò un contadino che abitava poco più in là - Un arcobaleno nel cielo sereno non si era mai visto. E sembra spuntare da quella casa laggiù.”