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La guardia al Quirinale

Biografie e Diari

Avevo poco più di vent'anni, e mi trovavo a Cesano di Roma, quasi per caso, dove stavo svolgendo il mio servizio militare come AUC che sta per Allievo Ufficiale di Complemento, infatti a Cesano di Roma vi era la Scuola Ufficiali di Complemento per tutti i reparti dell'Esercito Italiano, io ero stato arruolato nella Fanteria Meccanizzata, V Compagnia "Tobruk". Avevo il basco nero, di cui ero molto orgoglioso, ed eravamo tutti in una caserma davvero enorme, che si diceva fosse la più grande d'Europa, con i suoi 27 ettari di estensione. Avevo interrotto i miei studi universitari per fare il servizio militare, anche se, essendo il secondo di tre maschi nella mia famiglia, ed avendo già i miei due fratelli espletato tale obbligo, io potevo tranquillamente chiedere l'esenzione, che mi spettava di diritto, ma non lo feci per amor di patria, anche se oggi queste parole possono suonare stonate, o addirittura prive di senso, ma per me avevano un significato profondo, e quindi feci domanda per essere ammesso alla Scuola Allievi Ufficiali di Complemento di Cesano di Roma, vicino al lago di Bracciano, e vi fui ammesso, per cui partii con molto entusiasmo. Un giorno, mentre stavamo facendo le normali esercitazioni fui chiamato dal mio Capitano il quale mi disse che ero stato scelto per andare a fare la guardia al Quirinale, data la mia statura di quasi un metro e novanta (1,87 per la precisione), ma soprattutto per via del mio portamento quasi impeccabile.

Ebbene ci fecero fare delle apposite ed estenuanti esercitazioni a me e agli altri prescelti per tale compito, che per tutti noi ovviamente era considerato un vero e proprio onore, non senza un pò di invidia da parte di molti altri che ne erano stati esclusi. Arrivò il gran giorno, era una tranquilla domenica come tante altre, la domenica del 23 novembre 1980 e quel giorno di buon mattino partimmo in pulmino per Roma. Arrivati al Quirinale, la prima squadra dette subito il Cambio alla Guardia Smontante che era composta da soldati della Marina Militare. In quel primo turno io ero di riposo e subito familiarizzai con i Corazzieri, la Guardia del Presidente della Repubblica, che erano con noi all'interno del Quirinale, nei locali adibiti a svolgere il loro servizio. Col secondo turno invece, montai di guardia all'entrata secondaria del Palazzo del Quirinale, dove fui assegnato, che si trovava in Via del Quirinale, appunto. Gli ordini erano perentori, noi dovevamo stare fermi e immobili sulla posizione del riposo senza poter muovere neanche un muscolo, per nessuna ragione. Gli unici movimenti consentiti erano quelli di metterci sull'attenti ogni qualvolta entrava o usciva un'autorità dal palazzo, in segno di saluto, battendo con forza un piede sulla pedana di legno, e subito dopo rimetterci sul riposo, ma purtroppo dalla porta secondaria del Quirinale non entrava quasi mai nessuno, per cui anche questa possibilità di muovermi un pò mi era preclusa, e il turno di guardia durava un'ora intera.

La giornata passò tranquilla, ma verso sera, durante la mia penultima guardia avvenne un fatto che ha dell'incredibile. Erano da poco passate le ore 19:00 ed io ero appena montato di guardia, dopo neanche 15 minuti dacché ero montato sento avvicinarsi una famigliola composta da padre, madre ed una bambinetta che poteva avere al massimo sette anni. Arrivati vicino a me essi si fermano per guardarmi da vicino, presi dalla curiosità, soffermandosi per qualche minuto e mi scrutavano con molta attenzione. Io ero immobile e fiero nella mia splendida uniforme con il mio fucile FAL (Fucile Automatico Leggero) in dotazione all'Esercito Italiano, che avevo lucidato accuratamente per l'occasione, e con i guanti bianchi, quindi l'unica parte del mio corpo che si poteva vedere scoperta era il viso. La bambina, vedendomi così immobile che guardavo fisso davanti a me esclamò: "Papà, papà, guarda, sembra vero!". Il padre, che forse per un istante era stato assalito anche lui dal dubbio, gli rispose: "Ma no, Alice, non è finto, questo soldato è vero" e la bimba: "E allora perchè non si muove?" "Perchè non si può muovere, vedi che sta facendo la guardia?" ma la bambina insisteva: "Non è vero, tu mi prendi in giro, lo vedi, non si muove per niente, neanche gli occhi!" e poi aggiunse: "È vero mamma che è finto?" "No Alice" rispose la sua mamma, "Ha ragione papà, il signore è davvero un soldato e sta qui per fare la guardia a questo palazzo che è molto importante, per questo non si può muovere" "E se gli scappa la pipì?".

A quel punto non ce la feci più, trattenendo a stento il sorriso e mosso dalla curiosità, volli vedere quella bimbetta di cui sentivo solo la vocina ma che non riuscivo a vedere assolutamente, dal momento che era davvero piccina e allora, con un movimento impercettibile degli occhi cercai di abbassare lo sguardo per poterla vedere, ma mentre facevo questa mossa mi si spostò una lentina (allora portavo le lenti a contatto), andando fuori posto dentro l'occhio. Subito sentii un gran fastidio ed un dolore lancinante, ma ahimè, non potevo fare proprio nulla, anche se, allora bene che avrei voluto muovermi, se non altro per mettere a posto la lente, e dimostrare così alla bambina che non ero finto, ma purtroppo non potevo assolutamente farlo, così mi toccò di stare per tutto il resto del mio turno di guardia, circa 40 minuti, con la lente fuori posto ed un occhio gonfio che mi dava un gran fastidio, per giunta senza aver potuto neanche vedere quella bimba che era stata involontariamente la causa del mio fastidio. Come se non bastasse, alcuni minuti dopo che la famiglia si era allontanata, stando fermo ed immobile in quella posizione innaturale (durante le esercitazioni ci avevano insegnato persino a trattenere il respiro per sembrare davvero immobili, e questo dovevamo farlo soprattutto quando c'era un'ispezione di un ufficiale superiore), ad un certo punto avvertii una strana sensazione, sentii un piccolo vuoto d'aria, come quando si sta in aereo e questo si abbassa di colpo di 2- 300 metri, ed inoltre ebbi la netta sensazione che la strada oscillasse per un breve istante, tuttavia non ci diedi tanto peso, anche perché comunque non avrei potuto fare niente, nè tantomeno parlare.

Erano esattamente le ore 19:34, come appresi in seguito, e stava accadendo qualcosa di veramente sconvolgente, di cui anch'io fui involontario testimone, avendo io avvertito ciò che stava accadendo di tanto terribile molto lontano da dove mi trovavo in quel preciso istante! Quando finalmente arrivò il cambio, e a me sembrò che fosse passato un tempo infinito, per prima cosa andai di corsa in bagno davanti allo specchio a rimettermi a posto la lentina, e vidi che il mio occhio era in effetti molto arrossato e gonfio, ma mentre ero immerso nei miei pensieri concentrato sul da farsi, sentii dalla televisione che avevano interrotto il programma per mandare in onda un'Edizione Straordinaria del Telegiornale, apparve subito un commentatore che annunciò con voce un pò concitata che si erano avvertite delle scosse di terremoto in Irpinia, e che si erano sentite anche a Napoli e perfino in alcune parti del basso Lazio, ma aggiunse che i danni erano stati lievi e al momento non si segnalavano morti, ma solo qualche ferito. Io rimasi allibito a quella notizia e, dimenticando il mio problema all'occhio, annunciai a tutti i presenti che io l'avevo avvertita distintamente quella scossa, che fu la prima e che si rivelò poi essere la più disastrosa, ma essi sulle prime non ci credettero, perche nessuno di loro aveva sentito niente.

Col passare delle ore le notizie si accavallavano e cominciarono ad arrivare le prime immagini dei danni che parvero subito più consistenti e si contavano anche dei morti. All'inizio erano meno di un centinaio, e solo a Napoli, dove era crollato un vecchio palazzo, facendo morire 77 persone, poi circa 300, e la zona adesso era molto più vasta, poi 650, e via via sempre di più, fino all'edizione della notte inoltrata che mise in tutta evidenza l'immane tragedia che aveva colpito quella terra e raso al suolo interi paesi e città, con migliaia e migliaia di morti e un numero indefinito di feriti. Quella scossa fu davvero terribile, infatti fu classificata addirittura del X grado della scala Mercalli, che corrisponde al grado 6,5 della scala Richter, ossia praticamente di intensità massima, e molto distruttiva, come poi avremmo purtroppo visto. Alla fine, secondo i dati ufficiali, si contarono 2.914 morti, 8.848 feriti e 280.000 sfollati. Dissero anche che le scosse si erano sentite in Campania, in Basilicata, in Puglia, in tutto il basso Lazio e perfino a Roma, come avevano confermato molte persone, che avevano detto di aver sentito distintamente le scosse del terremoto, compreso me. Ovviamente preso da questa notizia il fastidio che avevo all'occhio sinistro passò decisamente in second'ordine, incollati come eravamo tutti quanti alla televisione. Quella notte non riuscii a prendere sonno, ero terribilmente scosso e allo stesso tempo fremente perchè volevo fare qualcosa per quei poveri terremotati, insomma volevo rendermi utile. All'indomani ci dettero il Cambio una pattuglia di soldati di fanteria di una caserma di Roma, e noi tornammo a Cesano, nella nostra caserma.

Appena arrivati io mi misi subito a rapporto dal mio Capitano chiedendo di voler partire come volontario per aiutare le popolazioni colpite da quel tremendo terremoto, ma il Capitano mi disse subito che questo non era previsto, non aveva ricevuto nessun ordine in tal senso e non poteva quindi soddisfare la mia richiesta, ma io insistetti: "Signor Capitano, io desidero ardentemente partire come volontario per le zone colpite" poi, vista la sua perplessità, aggiunsi: "Signor Capitano, come possiamo stare noi qui a marciare e pulire i nostri fucili o fare esercitazioni ogni giorno, come se niente fosse, quando non molto lontano da qui ci sono migliaia di persone sotto le macerie che aspettano di essere salvate o che sono già morte? Io sono disposto a tutto pur di partire!" ma egli, dopo aver riflettuto un pò mi disse: "Vedi, Allievo, la tua richiesta è molto encomiabile, ed io stesso l'apprezzo molto perchè ti fa onore, ma noi siamo una Scuola, non siamo un reparto operativo, per cui noi siamo la riserva della riserva. Una decina di tuoi commilitoni hanno fatto la tua stessa richiesta, ed io li ho convinti che non è possibile, ma visto che tu sei il più determinato di tutti, ebbene chiederò al mio diretto superiore, e poi ti farò sapere". Il giorno dopo mi richiamò a rapporto e mi disse che aveva parlato con il Generale, il quale, pur avendo esclusa tale possibilità, volle darmi un encomio per la mia abnegazione ed anche per l'ottimo servizio di guardia svolto al Quirinale. Così, con enorme disappunto da parte mia non potei partire per dare un aiuto alla popolazioni terremotate, ma quel giorno imparai cosa vuol dire essere un uomo, e quel fatidico 23 Novembre 1980 in cui io ero a Roma a fare la guardia al Quirinale, alle ore 19:34, non lo potrò mai dimenticare, e neanche quella bimbetta che per tanto tempo, per altri versi, negli anni a venire, mi fece tanto sorridere, avendomi scambiato per un manichino.


Pasquale Farallo 29/05/2016 14:52 1167

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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Nota dell'autore:
«Quando si hanno vent'anni si vorrebbe cambiare il mondo e bruciare le tappe, sorretti da quegli ideali incrollabili fondati sull'onestà, la giustizia la solidarietà, sul valore umano e sull'eroismo, nonché sulla propria identità e peculiarità di uomo e di cittadino, e, per un soldato, soprattutto sul valore inscindibile della patria e di servizio ad essa. Tutti questi sentimenti io nutrivo in quel momento della mia vita, in varia misura, ed ancora adesso li nutro e li coltivo, forse in misura diversa, ma pur sempre vivi e presenti, insieme ai miei tremila difetti che pure mi porto dietro.»

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