Era poco più che un ragazzo, di belle speranze e delicate fattezze: Alto, magro e un pò ritroso, gentile nei modi ma un pò introverso, con quella tipica timidezza di chi vive di una propria vita interiore, ma senza darlo troppo a vedere, e tuttavia aperto al mondo ed a tutto ciò che gli stava intorno. Aveva occhi chiari e luminosi ed una fronte alta, la mente aperta e sempre pronta alle prime esperienze che la vita gli proponeva, e vi si tuffava in esse avidamente, come un beduino assetato vagante nel deserto che anela all'acqua. Di indole era molto curioso per tutto ciò che lo circondava, ma non sapeva ancora di amare la musica, e che l'avrebbe amata sempre, per tutta la vita, più di sè stesso, malgrado ciò che il destino beffardo gli stava comminando. Un giorno suo padre, mentre era in sua compagnia, gli disse che aveva tanto desiderio che suo figlio imparasse la musica, e glielo disse come fosse una sua preghiera, essendo lui per primo amante della musica e del canto, mentre il ragazzo lo ascoltava un pò distratto, ma per nulla contrariato da quell'idea che, tutto sommato, non gli sembrava poi tanto male, perciò fece un breve cenno di assenso con il capo, non pensando affatto che suo padre lo avrebbe preso in parola, e così presto, per giunta! Così, dopo soli due giorni, suo padre prese accordi con una sua sorella che aveva una figlia che suonava il pianoforte e dava lezioni di musica, solo che lo fece senza approfondire il discorso con suo figlio, nè ottenere il suo consenso, ma mosso solo dal suo intimo desiderio.
Da un giorno all'altro, quindi, il ragazzo si trovò iscritto, suo malgrado, alle lezioni di musica tenute da sua cugina, la cui madre, sorella di suo padre e dunque sua zia, era una donna tanto amabile quanto inflessibile e di modi piuttosto bruschi, che all'occorrenza non lesinava neanche qualche scapellotto ai suoi nipoti, "A fin di bene", diceva lei, ma pur sempre molto sonori e dolorosi, visto che aveva mani grandi e nodose, da vera massaia. Sulle prime il ragazzo prese abbastanza bene quelle lezioni, ma ben presto cominciò ad annoiarsi, perché mai e poi mai avrebbe pensato di passare intere giornate a solfeggiare: "Do oh oh oh oh oh oh oh..." e via così per ore ed ore, mentre i suoi amici erano già in strada a giocare, e talvolta ne udiva persino le voci, nè poteva permettersi di commettere il minimo errore, altrimenti la zia, che Dio l'abbia in gloria, subito si intrometteva, rivolgendogli aspri rimproveri e ricatti psicologici, del tipo: "Dovresti vergognarti, pensa a tuo padre che spende dei soldi e tu invece non apprezzi, sei distratto e svogliato, così non imparerai mai niente, vergogna!" Il povero ragazzo, per quanto si sforzasse di essere attento e diligente, se non altro per amor proprio e per non contrariare il volere di suo padre, ma avendo sempre più in odio i modi a volte brutali di sua zia, un bel giorno trovò la forza di ribellarsi a quella che ai suoi occhi era ormai diventata una vera e propria tortura e si rifiutò di andare alla solita lezione.
Suo padre, del tutto ignaro di ciò che stava accadendo, vista la sua riluttanza, quel giorno lo accompagnò di persona a casa di sua zia, quasi di forza, chiamando al citofono la sorella che abitava al terzo piano di un bello stabile, ma privo di ascensore. Ella scese di corsa e prese in consegna il ragazzo che, appena suo padre se ne andò, disse a sua zia che non era più intenzionato a seguire le lezioni di musica, mostrandosi irremovibile nella sua decisione. Per tutta risposta sua zia gli urlò: "Cosa hai detto, non vuoi più seguire le lezioni di musica?" "Adesso la vedremo!". Era una tranquilla e calda giornata d'estate, per le strade non c'era anima viva e non si sentiva volare una mosca, come spesso avveniva in quei paesi del sud, soprattutto nel primo pomeriggio, dopo pranzo, nelle ore più calde della giornata, che qui vengono per l'appunto chiamate: "La controra".
Il povero ragazzo, che portava i calzoncini corti, dopo aver riaffermato con tutte le sue forze che non ne voleva più sapere delle lezioni di musica, vide sua zia, paonazza in viso e tutta sudata per la corsa che aveva fatto, che si sfilò una scarpa, (portava dei sandali estivi con l'anima in legno) e cominciò a sculacciarlo, urlando come una forsennata che se suo padre aveva deciso che lui doveva imparare la musica, lui doveva imparare la musica, punto e basta! Ma il ragazzo, che aveva lui pure il suo bel caratterino nientaffatto remissivo, per non perdere la faccia, si mostrò anch'esso intransigente, in fondo era della sua vita che altri stavano decidendo, e senza averne avuto il suo consenso! Ma per tanti e tanti anni a venire si sarebbe ricordato ancora, con dispiacere, quanto gli costò caro l'aver preso quell'amara decisione...
Ebbene questa fu la scena, che, a vederla da fuori, pareva del tutto assurda e surreale: Lui era davanti alle scale, fermo e risoluto come un mulo a non muovere un passo, sua zia dietro di lui che gl'intimava di salire, minacciandolo con il sandalo in mano, e vista la sua cocciutaggine prese a sculacciarlo per davvero, dalla parte del tacco in legno che, in verità, faceva molto male. Per ogni sculacciata che riceveva il povero ragazzo saltava di un gradino, piè pari, quasi d'un fiato, e con una smorfia di dolore sul viso. Avvertiva sì il dolore, suo malgrado, ma non fiatava, stoico e ormai deciso a non dargliela a vedere a sua zia che accusava il colpo, ed ella dal canto suo, per nulla impietosita, continuava a sculacciarlo, ma lui non si lasciò cadere neanche una lacrima, soffocando in gola ogni lamento, ma si limitava soltanto a salire di un gradino, di volta in volta, dopo ogni sculacciata.
Immaginate voi quanti gradini ci saranno stati per arrivare al terzo piano... Ebbene tante sculacciate ricevette quel povero ragazzo, ed alla fine, arrivato in casa di sua zia, esausto, si accasciò per terra perchè, ovviamente, non poteva sedersi sul solito sgabello per prendere la solita lezione, dal momento che aveva il sedere rosso come un peperone, così l'insegnante di musica, nonché sua cugina, mossa a compassione, disse a sua madre di lascialo in pace e che da quel momento in poi non avrebbe più dato lezioni di musica, lei, per sua decisione, a quel malcapitato cugino. Questo sancì finalmente la libertà per il ragazzo, ma fu anche il primo indimenticabile e dolorosissimo incontro che quel ragazzo ebbe con la Musica, e nonostante ciò, ben presto ebbe ad amare quella stessa musica, che gli aveva procurato tanti dolori, e l'amò così tanto da non potersene più staccare, ed ancora oggi egli ama e vive per la musica e per il canto, ma qualche volta sente ancora le tante e sonore sculacciate ricevute, e rimpiange amaramente di non essere riuscito ad imparare la musica per tempo, e pensa... ma il tempo è ormai andato! Se solo lo avessero preso in altro modo, magari più dolcemente, e senza tutte quelle imposizioni, o il troppo "zelo" di quella ruvida zia, e persino senza la sua stessa incosciente intransigenza, ora egli sarebbe davvero più felice, perchè ha la musica nel cuore.