(descrizione narrativa del dipinto “ La colazione dei canottieri” - Pierre August Renoir - 1880)
Non ero certa di voler partecipare oggi a questo incontro, ma quando mi hanno riferito che ci sarebbero stati tutti… non ho resistito. a dire il vero il fatto che tra questi “ tutti” ci sarebbe stato anche lui, ha contribuito non poco alla mia decisione di parteciparvi.
Di lui ho letto ogni cosa, anzi divorata, dai suoi racconti alle sue dense poesie, liriche che parlano di ciò in cui crede, di ciò che ama, ricorda e in esse mi sono persa e ritrovata, sono immersa e risalita. L’ empatia con la sua mente, la sua anima e il suo cuore, è completa e perfetta, solo che… lui non lo sa.
Cominciai a leggerlo quasi per caso, un mio collega aveva una copia di un suo libro e me lo prestò, ne rimasi folgorata! Da allora mi misi alla ricerca di ogni suo scritto e quando m’ imbattei nelle sue poesie, fui persa. Amo molto le sue poesie di conseguenza amo lui, ma non nel senso in cui potreste credere, io amo il suo “ cervello” che è quello che produce le sue opere, tanto che vorrei aprirgli il creino e… baciarlo quel cervello. Amo le sue mani, che vergano tremanti per l’ emozione ogni singola sillaba di ogni singola parola che si fa acqua di sorgente, fresca e corroborante per tutti quelli come me… narratori. Sì, perché anch’ io lo sono, una narratrice intendo, non certo della sua altezza e maestria. Solo lui “è” il narratore, lui “è” il poeta, io sono solo una narratrice piccola, piccola, così piccola da sentirmi una misera formichina insignificante ora che gli sono di fronte.
Abbiamo pranzato allegramente, avvolti dal tepore dei raggi gentili di un sole primaverile. Ora il brusì o si fa incessante, i convitati si rilassano, c’è chi fuma, chi sorseggia il caffè. Una signora giocherella con il suo simpatico cagnolino.
Gli uomini corteggiano le signore e le signore si lasciano corteggiare. Tutta la scena è avvolta da un’ aria di serenità, mentre colui che il centro è delle mie attenzioni, non si accorge neppure che esisto ma io continuo a bermi ogni sua parola, mentre lo “ contemplo” quasi in adorazione.
Per farlo nei migliore dei modi, mi appoggio con un gomito alla parapetto e, sfacciatamente, cerco di attirare la sua attenzione, le mie mani però svelano il mio nervosismo.
Lui, parla... parla... parla e, improvvisamente, con la coda dell’ occhio mi vede, poggia la sua mano sinistra sul bordo della sedia e sollevandosi un pochino da essa, fa un mezzo giro verso sinistra, in modo da potersi rivolgere anche a me e finalmente, mi sorride.
Lo guardo estasiata mentre declama una delle sue poesie, ha voluto acconsentire alla mia richiesta, quando, emozionatissima mi sono avvicinata dicendogli:- buongiorno, ho appena finito di leggere uno dei suoi libri, volevo dirle solo… grazie -
Lui si gira, molto lentamente facendo leva con una mano su una sua coscia, poiché in quel momento si trovava a apprezzare le grazie di una signorina piuttosto avvenente seduta di fronte a lui. Si sistema il cappello e mi osserva; dapprima con sguardo incuriosito poi aggrotta le sopracciglia e mi dice:
- Prego! Però, potrei sapere qual è il motivo di questi ringraziamenti? Non mi pare di conoscerla, oppure non lo rammento, della qual cosa mi scuso –
- La ringrazio per l’ emozione provata nel leggerla, la ringrazio per avermi fatto capire che non sono sola a perdermi nei meandri dell’ anima, la ringrazio per avermi fatto piangere, commuovere, la ringrazio per ogni vocale e consonante che lei ha scritte e per molte altre cose che ora non riesco a dirle perché bloccate in gola. –
L’ artista sembra rabbuiarsi in volto, quasi se ne dispiace di quello che ha sentito, poi il suo viso pare essere attraversato da mille pensieri, mille e penso che forse sono stata troppo invadente, forse l’ ho infastidito.
Io sono qui, poggiata al parapetto di questa veranda, in una splendida giornata di sole, dopo un pranzo piacevole, circondata da intellettuali e artiste, cercando di farmi accettare da loro e assorbendo, tutto ciò che possa alimentare la mia sete di conoscenza, di cui sono sempre avida. Sono qui in contemplazione di chi ammiro e cullata dalla sua voce calda e forte, eppure ora, mi sento una stupida e l’ unica cosa che vorrei e non aver mai fatto ciò che ho appena fatto.
Improvvisamente non vedo e non sento che lui ed è come se ci conoscessimo da sempre, mi dice che è lui che ringrazia me per ciò che gli ho appena rivelato, che è questo il motivo per cui scrive per raggiungere altre anime, per comunicare e farsi capire e che quando ciò accade è una magia.
Una magia, ora qui tutto è magia mentre lui prende il mio quaderno azzurro e ne scorre le pagine. Ora le mie piccole bimbe, le mie poesie sono nei suoi occhi, le mie parole attraversano il suo cuore e ogni volta che termina di leggerne una, solleva lo sguardo che inchioda nel mio. Ề uno sguardo che parla ed io lo “ sento” anche se lui non proferisce parola alcuna.
Poi mentre legge un’ altra mia poesia, vedo qualcosa, è lì che fa capolino nell’ angolo sinistro del suo occhio, una stilla, piccola ma tenace che par non volersi arrendere alla gravità aggrappata com’è alle sue ciglia;
La piccola stilla alfine si arrende e si lascia andare, trovando tregua al suo precipitare sull’ ultima lettera dell’ ultima parola della mia poesia, poesia che lui stava leggendo e quella lettera, una “ o”, si allarga a dismisura, diventando dapprima una macchia senza senso che poi assume una forma distinta, che, con grande stupore, entrambi ammiriamo.
La “ o” dell’ ultima parola della mia poesia, la “ o” di addio è divenuta una farfalla sulle cui ali da allora vola e continuerà a volare la mia fantasia e la mia penna rossa, sperando che il mio narrare sia di giovamento e di compagnia e che raggiunga almeno uno di voi… almeno uno.
Ciò mi renderà immortale.