Il bosco è silenzioso, di un silenzio fatto di mille voci; quello delle foglie che cadono dando l’ addio ai propri rami, ognuna nella sua lingua, ognuna alla sua maniera, a seconda della pianta che le lascia cadere. Si scorge distintamente la voce del vento che sussurra parole dolci infilandosi tra i fili d’ erba, facendoli tremare, scompigliando dispettosamente la capigliatura dei prati, e come un eco lontano si ode il canto del fiume, fatto di monotoni gorgoglii che portano alla mente le immagini stinte di volti lontani, di mani stanche e di interminabili abbracci. La ragazza cammina allegramente, mentre il grigio pomeriggio autunnale, come uno scialle frangiato di filigrana le avvolge le spalle e le accarezza delicatamente le braccia. Da una piccola crepa sul cemento del cielo, sgorga un timido raggio di sole che le sgocciola sui capelli e si rotola lungo la treccia bionda, accendendole il viso e rendendola, se fosse possibile, ancora più bella. Il ciondolo a forma di pupazzo di neve si diverte nell’ altalenare spensierato sul dondolio ritmico dei passi; ed è felice di essere lì, con lei, invece che compresso nel pozzo dei ricordi di un insensato semi anormale. La ragazza prosegue il suo cammino, ed il suo sorriso incontra di tanto in tanto altre persone, taciturne, pensierose, stancamente affacciate sulle proprie vite, ognuno con la propria valigia piena di illusioni ed il proprio zaino carico di errori … ben consapevoli, che alla fine del proprio cammino la valigia sarà leggera, perché completamente vuota, mentre lo zaino sarà terribilmente pesante e pieno di tutto il resto; ognuno si muove seduto sul cavallino bianco, sulle spalle di pinocchio, o sulla macchina da formula uno, della propria giostra, dove si rincorrono ragioni e torti, voli e atterraggi polverosi, occasioni lasciate al domani, e rimpianti di ogni genere….. Come diceva il vecchio zio? Ci sono lettere che non arrivano, baci che restano immaginari, ci sono treni che non si fermano, lasciandoti, solo, sui binari.
Il percorso si affatica in tiepida pendenza, ma la ragazza prosegue, un passo dopo l’ altro, mentre una formica sta trascinando una briciola tre volte più grande di lei, un simpatico scherzo di brezza regala la libertà ad un soffione ed i suoi minuscoli aghi pelosi si disperdono ovunque, la ragazza vorrebbe aggrapparsi ad uno di loro e volare con lui … tra la fuliggine dell’ aria. Pensa che sarebbe proprio una bella avventura, ma poi riprende la strada, tutta d’ un fiato, su, fino alla cima della salita, dove i rami si diradano per lasciare spazio ad un panorama davanti al quale gli occhi possono mettere le ali e librarsi leggeri per sfamare il cuore d’ emozione ….. un enorme acquarello nel quale un immenso mare colorato di grigio come il cielo, corre fin dove lo sguardo ha la forza di seguirlo per perdersi indistintamente in un tutt’ uno col cielo stesso, trasformandosi in un orizzonte del quale è impossibile distinguerne i confini, ricamato da un volo di mille gabbiani, sottile come un tratto di biro. Una nave col suo pittoresco carico di container colorati s’ affretta stancamente, beccheggiando tra le onde nervose, per gettarsi tra le braccia del porto…..
La città arrampicatasi sul monte fino alla gomma delle sue scarpe da ginnastica, rimane aggrappata alla roccia, e poi discende giù, a lunghi passi fatti di tetti e di terrazzi, giù, veloci fin quasi a bagnarsi la punta dei piedi sul lambire della schiuma. La ragazza respira forte, sorride, e le finestre le rispondono illuminandosi, una dopo l’ altra, per sorridere insieme a lei al docile e silenzioso imbrunire, un ciuffo di nubi si dirada e lascia traspirare un lieve ultimo bagliore che riflettendosi su una finestra distrattamente aperta arriva dritto agli occhi della ragazza ricambiandole il sorriso di congedo. L’ aria si fa più fredda, e mentre le braccia della notte discendono dolcemente lungo la schiena del giorno, le prime piccole e sognanti stelle avvertono la ragazza che è l’ ora di rientrare …. La ragazza sospira, il libro si richiude e ……… tutto diventa ritorno.
La ragazza si volta, pronta ad incamminarsi per il ritorno a casa, raccogliendo pazientemente tutti i suoi passi lasciati sul terreno all’ andata, la leggera nebbiolina notturna le fa da collana e da bracciale, è felice, ride ed alla collezione di stelle lucenti del cielo si aggiungono altre trentadue perle, una carezza di luna la invita a voltarsi….. tutta l’ intera città è ora illuminata e dove prima c’ era un mare di alabastro come il cielo, ora c’è un enorme tela da pittore, completamente inondata del riflesso delle luci che ne macchiano di vividi gialli ed arancioni ogni angolo. Laggiù in mezzo a quell’ oceano luminoso c’è una finestra silenziosa, dietro la quale c’è un uomo, un uomo piccolo, insignificante, come mille altri, che intreccia parole per farne terra da distribuire sul terreno che ha di fronte la ragazza, per fargliene cammino. Quell’ uomo è convinto di essere un poeta. La luna la mette in guardia, su che razza di gente siano i poeti …. Gente strana, gente da tenere lontana, i poeti sono truffatori, perché parlano di pioggia che scende lungo il viso non accorgendosi che invece sono lacrime, parlano di assenza momentanea di un amico o di una persona cara, non sapendo che lontano, non è un paese da dove un giorno si torna indietro, parlano di voglia di volare non sapendo che a volte si tratta di bisogno di fuggire. I poeti sono invidiosi, perché invidiano l’ eterno brillare delle stelle e vorrebbero anche loro vestirsi di cielo per riflettersi nei tuoi occhi come un incanto d’ onde scivolanti lungo i bordi della sera, discendendo fino alle labbra per lasciarcisi morire come il tocco di un bacio appena immaginato. I poeti sono guitti, saltimbanchi, perché cercano il tuo sorriso, colorando di tenue pastello tutto ciò che è morto per regalartene un ricordo e non farti soffrire. I poeti sono malpensanti, perché sono capaci di udire il tintinnio delicato di un nido fra i rami di un faggio, dolendosi al pensiero che possa non tornare la madre. I poeti sono invadenti, perché si appiccicano alla tua vita, seguendoti come un ciondolo, come un fermaglio, nascondendosi tra le cifre dei tuoi anni, tra le tue ciglia addormentate per copiartene i sogni, e camminando sulla neve, a volte se ti volti di scatto, puoi vedere indistintamente quattro impronte che ti seguono sul velo bianco. I poeti sono vagabondi, perché lasciano vagare i propri tristi pensieri che rimangono impigliati come stracci tra i reticolati della notte, se non riescono a dormire. I poeti sono fantasmi, perché si mischiano ai rumori, sono nel suono delle campane nelle mattine d’ inverno, tra la voce della risacca che riempie le notti d’ estate, sono nel cadere di una foglia, nel pianto di un ricordo, e ti sussurrano parole anche quando ti sembra di essere sola. I poeti sono stregoni, perché sono capaci di impiccarsi ai rami dei castagni e riapparire poco dopo come fiori di melo, sono capaci di accarezzarti il viso, stringerti le mani, abbracciarti e disegnare il tuo cammino rimanendo lontani, come angoli nascosti. I poeti non sanno nemmeno di esserlo, alcuni pensano che neanche esistano, che neanche siano di questo mondo, ma ogni persona che incontri, in realtà è un poeta, perché è capace di sognare, ha solo bisogno di capirlo. La ragazza, sospira, ed è bella come un volo di angeli, come un concerto di oceani, si, le lo sa, lo sa, sa benissimo che razza di gentaglia siano i poeti, ma non gliene importa niente, perché ha il cuore di bambina che cammina sui sentieri, sa che tornerà la neve, sa che il grano sarà d’ oro, così distende le braccia, tenendo le palme aperte per raccogliere le parole del vento, un milione di parole, un miliardo, un milione di miliardi di dolci parole che la invitano a lasciare qualche istante la premura della vita da parte, ed in un baleno si tramuta in un volo di stelle per scendere come un soffio di polvere lucente fino a quella finestra illuminata. “ La ragazza sospira ed entra. Si perde dentro di lui. Non c’è più nulla, più nulla dico, al di fuori di loro due. Sospesi, uniti, perduti in un’ unica e lunga..poesia.” Gli occhi si inseguono, si fissano, si incollano e poi … si avvicinano, le anime si avvolgono e vanno oltre i corpi, oltre il sangue, i muscoli, le ossa, oltre i veli del tempo e diventano un unico concerto di infiniti colori, salgono verso il soffitto come fumo d’ incenso e si lasciano ricadere come pulviscolo luminoso, poi si inseguono, si allontanano, si ritrovano, sono ghirigori fuggenti sui muri, luci negli angoli, sono poesie che nascono da due labbra per spegnersi su altre due, sono cuori soli e cuori feriti che si fondano in un'unica esplosione di aurore boreali, in un unico cuore …. E così ora la stanza è troppo stretta per contenerli, e loro ne escono, volano fuori, nell’ aria buia, e la finestra diventa sempre più piccola dietro di loro, e così la casa, la città, il mare, il pianeta, le galassie e tutti i sistemi solari. Tutte le stelle si intimidiscono di fronte alla loro luce; e sono mani di pianista, concerti d’ onde, caleidoscopi di sospiri che mutano ad ogni capriola d’ esistenza, atomi impazziti che strappano rumore al silenzio e silenzio al buio, sono tende che si scostano, sono passi sulle scale, sono ritorni a casa. Ora la ragazza è a piedi nudi sull’ erba, soffice, e lui come un alito di luglio la raccoglie, la porta in braccio oltre le porte della notte, perché col suo sorriso possa illuminarla, così lei si fa fiammella luminosa, delicata e traballante, e lui si fa cera, per sciogliersi di lei, per sciogliersi con lei, per diventare un’ unica poltiglia calda pronta a prendere la forma di qualsiasi oggetto fatto di entrambi …. E così lui si fa carta da musica, e lei come un’ improvvisa pioggia di china ne riempie il pentagramma di minuscole goccioline che come note disegnano la melodia dei loro sussurri …… Lui diviene cavallo alato e lei si fa carrozza per lasciar condurre il proprio carico di sogni sulle strade assolate della vita e donarli al fiume perché li porti fino al mare, così lei si fa sponda, si fa sabbia, si fa riva, e lui diviene onda per vagare lungo gli oceani col pensiero di tornare a lei, per morirle tra le braccia miliardi e miliardi di volte. Ed ora, sorvolano sentieri innevati, tra mille orologi fatti solo di quadranti senza lancette, perché sono al di fuori del tempo, sono immobili ad un presente senza passati, senza futuri, ma solo un oggi fatto di loro …. E sono una betulla nuovamente adornata di neve ed un pupazzo dal cappello di lattuga nuovamente felice di sognare. La ragazza è immobile, col fiato leggero, sognatore, col suo libro aperto su una pagina che parla di una città illuminata e di un mare macchiato delle sue luci e di una storia di sorrisi. Tutto è come prima, ma la ragazza non ha più il suo ciondolo al collo, che ora giace stupito tra cento fogli imbrattati di poesie. Un sospiro di luna la sgrida, ricordandole di averla avvertita di che canaglie siano gli imbratta fogli, alla ragazza non importa nulla, raccoglie il suo libro, si volta, sorride, e manda un bacio alla città illuminata, una piccola luce persa in mezzo alle altre ricambia il suo bacio, la ragazza lo raccoglie, lo infila sotto la giacca e se lo porta con se.